Nel linguaggio comune, si è soliti dividere la preparazione
richiesta per qualsiasi cosa in preparazione remota e preparazione prossima,
oppure, se si preferisce, in preparazione generica e preparazione specifica.
La prima fase è una preparazione di fondo, di ambiente, che richiede
la conoscenza di principi generali, utili a tutto, ma talvolta trascurati.
L'altra fase implica qualcosa di più concreto e di più
pratico, ma che risulta inefficace se manca la necessaria preparazione
remota.
Ciò si vede molto bene nello sport: a poco servirebbero gli esercizi
di riscaldamento muscolare, la concentrazione, le tecniche proprie di
ogni specialità, se l'atleta non si trovasse nella condizione
fisica più adatta, ottenuta mediante un allenamento costante,
un'alimentazione ben calibrata, una vita regolata, ecc..., cose talvolta
dure, ma indispensabili.
Questo discorso si può estendere a molti altri aspetti della
vita, in campo professionale, religioso, familiare, ecc... Sarà
applicato quindi anche al nostro argomento, con la particolarità
che in questo caso occorrerà anche fare un esame critico delle
proprie opinioni, poiché non di rado pecchiamo di superficialità,
cedendo alla dittatura del “lo fanno tutti”, o del “si
dice”. Questo esame critico favorirà un atteggiamento di
apertura, una revisione e, se fosse necessaria, un'impostazione nuova
del problema, in contrasto con ciò che si dava per scontato in
precedenza.
La preparazione al matrimonio abbraccia quindi innumerevoli aspetti
della vita, perché il matrimonio impegna le risorse più
profonde dell'animo, dura sempre, fino alla morte, non è privo
di difficoltà a volte gravi, ed ha ripercussioni, anche a distanza
di tempo, non solo sulla componente umana, per quanto importante essa
sia.
Al matrimonio infatti ci si prepara durante tutta la vita, anche quando
manca la consapevolezza di tale preparazione: il matrimonio e la vita
coniugale dei propri genitori sono già una preparazione, così
come sono una preparazione la scuola, le amicizie, il lavoro, i rapporti
con Dio, con la propria coscienza, con gli altri; la consapevolezza
dei propri limiti e di quelli altrui. Perciò non si troveranno
formule che risolvano automaticamente tutti i problemi, per il semplice
fatto che non esistono.
VERSO IL FIDANZAMENTO
La stessa parola “fidanzamento” è diventata per
molti oggetto di ironia a causa della crescente disinvoltura che caratterizza
le relazioni tra giovani di diverso sesso.
Comunque lo si voglia chiamare, però, il fidanzamento conserva
la sua caratteristica insostituibile di preparazione prossima al matrimonio.
È nel fidanzamento infatti che si gettano le fondamenta per il
futuro, non fosse altro che per il fatto di ridurre ad una sola la rosa
di possibilità di matrimonio, anche se bisogna tener conto che
il fidanzamento non ha nulla di definitivo.
Parlando delle difficoltà che deve affrontare chi vive il celibato
- tanto esagerate in taluni ambienti - una persona spiritosa affermava
una volta, scherzando, che in fondo non c'è tanta differenza
fra chi è sposato e chi non lo è: la persona celibe si
impegna a rinunciare a tutte le donne (a tutti gli uomini); la persona
sposata si impegna a rinunciare a tutte le donne (a tutti gli uomini)
tranne una (tranne uno): sua moglie, o - nel caso delle donne - suo
marito.
Sotto questa battuta si nasconde una profonda verità, ma a me
interessa ora rilevare la conseguenza in un certo senso opposta a quella
sottolineata poc'anzi. Il matrimonio costringe a una convivenza intima
e perpetua con una determinata persona, e soltanto con essa. Ciò
significa che molte situazioni in cui una persona sposata verrà
a trovarsi, dipendono esclusivamente dai condizionamenti imposti dal
fatto di essere sposata con quella determinata persona. Non voglio ora
esemplificare tali situazioni, positive o negative che siano. Mi limito
a prendere atto della realtà, per sottolineare quanto sia importante
la scelta non istintiva, ma ragionata del futuro coniuge.
A dire il vero, è il pre-fidanzamento ciò di cui vorrei
parlare adesso, e cioè il criterio con cui tracciare l'identikit
del possibile fidanzato o fidanzata.
L'incontro anche occasionale o episodico fra i ragazzi di una classe
o i giovani di un determinato ambiente familiare o di lavoro, può
fornire semplicemente un gioco di probabilità. Molto spesso però
è un banco di prova, anche se lontano da impegni formali, per
scoprire eventuali possibilità di fidanzamento, per cominciare
a tracciare l'immagine del fidanzato o della fidanzata, includendo le
qualità positive ed escludendo quelle negative delle diverse
persone che si incontrano.
Una scelta ponderata
Per questi motivi, anche se non nego la possibilità dei colpi
di fulmine, dico subito che c'è un criterio naturale e spontaneo
che permette di scegliere più con la testa che con il cuore.
Può sembrare egoista o disincarnato tale criterio, ma non è
così. Anzi è proprio il contrario: la scelta della persona
non deve essere motivata solo dal sentimento, perché l'amore
non è semplice istintività né spinta biologica
o estetica. Non intendo dire con questo che ci si debba fidanzare a
prescindere dai sentimenti spontanei o addirittura in opposizione ad
essi. È però necessario non lasciarsi trascinare dall'emotività
nella scelta, o comunque da motivi non sufficientemente validi.
All'inizio occorre un certo distacco per avere la possibilità
di esaminare il più oggettivamente possibile presente e futuro
di un fidanzamento e poi di un matrimonio con quella data persona. Se
in seguito si vuole scendere nei particolari, si dovrà riconoscere
che se non è facile proporre un criterio di scelta universalmente
valido, è possibile tuttavia dare delle indicazioni che aiutino
ad orientarsi. Eccone per esempio due: a) una certa parità fra
i fidanzati; b) una scelta che guarda anche al futuro. Vediamo che cosa
significa.
Le dimensioni dell’amore
Quando l'amore per un'altra persona è autentico racchiude in
sé qualcosa di speciale, di unico, di irripetibile. È
tenero, ricco, puro, forte. Se è sincero difficilmente si rende
complice di atti vergognosi e se è un amore veramente cristiano
è impossibile che vi si abbassi. Non è costituito soltanto
dal sentimento - abbiamo detto - ma affonda le sue radici anche in esso,
oltre che nella volontà. L'amore ci conforta, ci difende dall'indifferenza
e dalla solitudine, dà un senso completamente nuovo alla vita.
E questo, nelle tre dimensioni che possiamo individuare nell'amore.
C'è, infatti, un amore che si dirige verso l'alto, dal più
piccolo al più grande, dal debole al forte, dal bisognoso a chi
possiede. È l'amore caratteristico della filiazione, umana e
divina, secondo il sangue e secondo lo spirito.
C'è un altro amore, che si rivolge invece verso il basso, dal
forte al debole; da chi protegge verso chi è protetto; da chi
dona a chi riceve; da chi comprende e perdona al bisognoso di comprensione
e perdono. È l'amore proprio della paternità e della maternità.
C'è infine un amore in senso orizzontale, tra uguali, fatto di
donazione e di affetto reciproci. È l'amore della fraternità,
del fidanzamento, dell'amicizia vera, del matrimonio.
La prima dimensione dell'amore è richiesta dalla nostra fragilità
umana e continua oltre l'infanzia perché anche da adulti si ha
bisogno dell'aiuto degli altri. Tutti ci sentiamo bambini di tanto in
tanto, e tutti siamo talvolta desiderosi di protezione. Tutti, presto
o tardi, torniamo a chiedere aiuto come fanno i bimbi. Chi non ha il
coraggio di ridiventare bambino diventa vecchio e rimane solo.
La seconda dimensione dell'amore è quella della maturità
(come pure la terza). Ma tutte e due cominciano a germogliare addirittura
nell'infanzia, e vanno crescendo a poco a poco.
Le tre dimensioni non si escludono a vicenda, anzi convivono, si intersecano
scambievolmente, facendoci diventare, nei nostri rapporti con gli altri,
padre o madre, figlio o figlia, sposo, fratello, amico. Però
- e questo è il nocciolo del discorso - ogni relazione naturale
deve conservare la sua caratteristica dominante. C'è posto per
ambivalenze affettive solo a condizione che questo avvenga per poco
tempo e non sempre nella stessa direzione.
Per fare un esempio, un rapporto fra coniugi (o fra fidanzati) che abbia
le caratteristiche del rapporto che intercorre tra padre e figlio non
sarà un rapporto corretto. La fidanzata e poi la sposa non può
essere trattata sempre come una figlia piccola, bisognosa di protezione
e di aiuto in tutto e per tutto; né la moglie può atteggiarsi
costantemente a madre protettrice di un marito infantile e immaturo.
Un matrimonio alla Pigmalione non è equilibrato, anche se gli
sposi - pur vivendo un amore di uguaglianza che è loro caratteristico
- devono essere abbastanza umili per diventare a volte bambini e trovare
protezione l'uno nell'altro.
Il bisogno di parità
Per questi motivi è molto conveniente che nella scelta del fidanzato
si tenga presente il bisogno di parità. Una differenza notevole
di intelligenza, di grado di formazione, di condizione sociale o di
razza, può rappresentare a lungo andare un handicap rilevante.
Ci si sposa non soltanto con un volto o una voce, ma con una persona,
con il suo passato e il suo futuro, tenendo presente che ogni persona
possiede un corredo spirituale e materiale rappresentato da famiglia,
abitudini, gusti, affinità o pregiudizi.
C'è in tutti noi un insieme di sensazioni, ricordi, sapori e
odori che ci riportano all'infanzia. Quando ci si sposa, ci si sposa
anche con la misteriosa complessità dell'altro, e ciò,
con il passare del tempo, può dar luogo a piccoli screzi causati
magari da sfumature del carattere, ma fortemente radicati nell'io. È
bene non lasciarsi ingannare dalle apparenze; quando si è giovani
si pensa di poter superare anche gli ostacoli più impegnativi
e grazie a Dio, spesso ci si riesce. Non bisogna però tentare
la Provvidenza, ma immaginare, con un po' di buon senso, ciò
che potrebbe avvenire dopo un certo numero di anni.
Per giudicare il rischio o la validità di una decisione, spesso
è utile gettare uno sguardo avanti. Come considererò -
ci si deve domandare - questo avvenimento fra cinquant'anni? Ancor meglio:
come lo vede Dio dalla sua eternità?
Si tratta, in fondo, di avvicinarsi il più possibile con gli
occhi della fede alla visione che Dio ha delle cose, e di valutare meglio
anche da un punto di vista umano i vantaggi e gli inconvenienti di una
situazione che si protrarrà nel tempo.
Tornando al nostro argomento, si possono dare dei consigli in questo
senso. In vista di un eventuale fidanzamento, cercheremo di individuare
i motivi che sono alla base di quell'affetto nascente: la fisionomia,
le qualità spirituali o psicologiche dell'altra persona, senza
trascurare bellezza, salute, professione, ecc...
Cerchiamo adesso di immaginare una convivenza di parecchi anni con questa
persona, e l'eventualità che molte delle sue qualità possano
un giorno essere compromesse da alcuni inconvenienti: difetti fisici,
malattie croniche, disoccupazione, dissesti finanziari. Se, onestamente,
non si sente la forza di continuare a dire di sì in circostanze
come queste, può darsi che l'amore non sia vero e che la scelta
risulti avventata o addirittura sbagliata, fondata cioè su qualità
accidentali o fittizie.
È vero che è difficile giudicare il nostro comportamento
futuro, ma è anche vero che questo esercizio aiuta se non altro
a valutare oggettivamente le situazioni e le scelte.
Così può essere opportuno esaminare le responsabilità
che comporta la vita coniugale, per vedere se una data persona è
idonea ad assumerle. Può succedere, ad esempio, che l'amore (o
quello che sembra tale) venga suscitato da aspetti esteriori: il buon
umore, la spigliatezza, certe forme di civetteria, il fascino della
bellezza o della forza fisica, la sensibilità verso determinati
valori, il modo di parlare e così via. Proviamo allora a rappresentarci
il futuro, facendo assumere alla persona interessata i compiti che richiede
la vita coniugale: come educherà i figli? Sarà in grado
di formarli cristianamente? Sarà costante e forte anche nella
sventura? Come governerà la casa? Se dovesse mancare il marito,
riuscirà a mandare avanti la famiglia? È capace di sacrificarsi?
Naturalmente non si tratta di cercare una persona perfetta, poiché
la perfezione non esiste in nessun uomo, anzi, a volte l'ostacolo più
grande per un buon matrimonio è proprio la pretesa di trovare
qualcuno senza difetti, l'uomo ideale, la donna ideale... vale a dire
l'uomo o la donna irreali; ma bisogna misurare le proprie e le altrui
capacità, sempre nel limite del possibile.
Oltre a tutto ciò, conviene ricordare che, nella preparazione
al matrimonio, c'è un punto di partenza - il fidanzamento -,
e un punto di arrivo - il matrimonio e la vita coniugale -, uniti dal
filo conduttore dell'amore che si sviluppa lentamente fino a diventare
totale e definitivo.
Per impostare correttamente il problema occorre conoscere questi tre
elementi; molti sbagli in questo campo derivano da una mancanza di formazione:
infatti non può essere vissuto bene ciò che non si conosce
bene o che non si conosce affatto.
Il giusto significato della parola amore
“Amore” è una parola dai mille significati. Di essa
si usa e si abusa per giustificare infiniti e diversi atteggiamenti.
Per questo è una parola che deve essere chiarita fino in fondo,
se ci si vuole preparare bene al matrimonio.
La prima distinzione che bisogna fare è a livello umano, sapendo
però che nell'amore vi sono componenti divine e soprannaturali
oltre che umane. Nel senso più ampio del termine per amore si
intende la compiacenza, l'interesse, il piacere, il sentimento gioioso
che qualsiasi bene suscita in noi. È un impulso istintivo, non
libero, incontrollabile, sensibile, spesso inesplicabile. È l'amore
che proviamo per ciò (cosa o persona) che è bello, piacevole,
attraente.
È una passione nel senso filosofico del termine, qualcosa che
si patisce (anche se non si tratta di un patimento, nel senso comune
del termine), che si subisce a prescindere dalla propria volontà.
Come si comprende bene, l'amore così inteso è un'attrazione
immediata che si riscontra nelle manifestazioni più diverse della
vita umana, ma che appunto per questa sua caratteristica non deve essere
presa come motivo dell'agire “sic et simpliciter”. Per questo,
dire di un ragazzo o di una ragazza mi piace, mi è simpatico,
stiamo bene insieme, non significa nulla, e non può essere preso
in considerazione come motivo per un eventuale matrimonio.
Il fatto che mi piacciono tutti gli oggetti che vedo esposti nella vetrina
di un negozio, non significa che debba acquistarli né, tanto
meno, rubarli. Nella decisione deve intervenire la ragione: se si tratta
di cose che mi convengono anche sotto altri punti di vista e se ho i
mezzi per acquistarle, allora il primitivo slancio - mi piace - si trasformerà
in azione ed acquisterò ciò che mi serve. Ma quando la
ragione mi dice che non ho soldi sufficienti e che non posso rubare,
perché ciò è contro l'amore di Dio e del prossimo,
oppure che tale spesa costituirebbe uno sperpero, allora devo superare
quel desiderio istintivo e accettare la privazione.
La gioia di amare senza ricompensa
L'oggetto di questo amore immediato può essere una cosa, una
situazione, una persona. Se l'amore è rivolto verso una persona,
esso è certamente più impegnativo, e se quest'amore è
maturato e divenuto generoso fino al punto di non cercare tanto il proprio
gusto quanto piuttosto il bene altrui, abbiamo fatto un grosso passo
avanti verso la perfezione dell'amore. Abbiamo allora il dono dell'io
al tu dell'altro, l'amore disinteressato, anche se questo altruismo
viene subito ricompensato ed alimentato dalla partecipazione gioiosa
alla bontà e alla pienezza dell'essere amato. Subentra quindi
una dedizione personale, mediante la quale si diviene spiritualmente
una sola cosa con la persona amata, di cui si condividono gli interessi
e si difendono come se fossero i propri. Si ama il bene, o meglio colui
o colei che ha il bene, non per possederlo o sfruttarlo, ma perché
la persona amata lo conservi, lo aumenti e lo diffonda.
L'amore però richiede corrispondenza. Ecco allora un ulteriore
progresso: l'amore scambievole fra due persone (l'amore in senso pieno
a livello umano). Ma per raggiungere la vetta si deve salire ancora
più in alto. Infatti non dobbiamo limitarci ad amare l'altra
persona con le qualità che possiede ma cercare di arricchirla
di nuove qualità, di nuove perfezioni, di nuovo bene. Nel matrimonio,
questo si realizzerà soprattutto attraverso la procreazione;
ma anche se i figli non venissero, per motivi che non dipendono dalla
volontà umana, l'amore autentico spronerà a generare e
ad aumentare il vero bene dell'essere amato: corpo ed anima, la persona
tutta.
L’Amore con la A maiuscola
Così siamo giunti ad una nuova ed importante affermazione, forse
essenziale: non ogni amore, per quanto sembri disinteressato ed altruista,
merita di essere qualificato come Amore con la «A» maiuscola.
Non tutti gli amori sono carità, cioè amore di Dio e amore
di sé e del prossimo, per Dio.
La carità (amore teologale, il più elevato, che abbraccia
e nobilita tutti gli altri) è unicamente la dedizione, personale
e soprannaturale, dono di Dio, inseparabile dalla grazia santificante,
in virtù della quale amiamo Dio come sommo bene per se stesso,
e quindi, per amore di Dio, amiamo anche noi stessi ed il prossimo.
È un amore che riveste un carattere di assolutezza totale, apparentemente
in contrasto con tutto il resto, ma che in realtà nobilita e
trasforma tutto.
Amare Dio con tutto il nostro cuore, con tutta la nostra anima, con
tutto il nostro essere (cfr. Mt 22, 35 e ss.) non significa amare soltanto
Dio, ma amare tutto per Dio, in modo tale che niente o nessuno venga
posto al di sopra dell'amore per Dio: nemmeno il padre o la madre, il
fidanzato o la fidanzata, il marito, la moglie o i figli. Amare come
Dio o più di Dio una creatura vuol dire idolatrarla, e ciò
è peccato.
Non ha senso dire che l'amore giustifica tutto, perché nel peccato,
ad esempio, viene meno l'amore nel modo più assoluto.
«Se mi amate, osservate i miei comandamenti (...) Chi accoglie
i miei comandamenti e li osserva è quello che mi ama (…)
Se uno mi ama, osserverà la mia parola (…) Chi non mi ama,
non osserva le mie parole» (Gv. 14, 15. 21. 23-24).
Davvero queste parole di Gesù non ammettono equivoci. L'Amore
e l'obbedienza alla volontà di Dio sono uniti inscindibilmente.
Non si può dire di amare Dio quando si compiono azioni contrarie
alla sua Legge, anche se queste azioni non sono direttamente motivate
dall'odio verso di Lui, ma da un amore (sia pure in senso imperfetto,
parziale) verso se stessi o verso un'altra creatura. È inutile
che io dica di non voler spegnere un fuoco, quando vi getto sopra un
secchio d'acqua. È da cinico affermare che non voglio uccidere,
ma premere soltanto il grilletto, quando sparo contro un mio simile.
È falso asserire che non si vuole offendere Dio, quando si compie
un’azione contraria alla sua volontà.
Abbiamo così, per concludere, un criterio che ci permette di
controllare la qualità dell'amore, in vista del fidanzamento
e poi del matrimonio. Non è amore vero il solo amore-tendenza,
né quello egoista che cerca il proprio bene invece del bene altrui,
né quello che si limita alla coppia, senza alcun riferimento
a Dio e al suo Amore.
L'amore vero, verso il quale deve tendere l'affetto tra fidanzati, è
quello che conserva tutte le caratteristiche elencate, ma armonizzate
secondo il valore di ciascuna.
Un cuor solo e un’anima sola
L'amore abbraccia dunque vari elementi, ma non realizza tutte le sue
potenzialità finché non si giunge al matrimonio. È
importante che i fidanzati ricordino che l'amore coniugale, verso cui
tendono, «è prima di tutto amore pienamente “umano”,
vale a dire nello stesso tempo sensibile e spirituale. Non è
quindi semplice trasporto di istinto e di sentimento, ma anche e principalmente
è atto della volontà libera, destinato a mantenersi ed
a crescere mediante le gioie e i dolori della vita quotidiana, di modo
che gli sposi diventino un cuor solo ed un'anima sola, e raggiungano
insieme la loro perfezione umana» (enc. Humanae Vitae, 9).
Naturalmente all'inizio c'è più che altro simpatia, qualcosa
di sensibile, che non di rado poggia sulle qualità fisiche dell'altro
anche se la bellezza non è un dato oggettivo: l'amore riesce
infatti a scoprire qualità che un osservatore neutrale non noterebbe.
È evidente che tra i fattori sensibili dell'amore umano fanno
spicco i richiami di natura sessuale, perché la sessualità
specifica l'amore coniugale, anche se costituisce solo un aspetto di
esso: l'amore «è ben superiore, perciò, alla pura
attrattiva erotica che, egoisticamente coltivata, presto e miseramente
svanisce» (Concilio Vaticano II: Gaudium et spes, 49). Anzi, come
abbiamo visto precedentemente, «il Signore si è degnato
di sanare, perfezionare ed elevare questo amore con uno speciale dono
di grazia e di carità» (lbid.), che è il sacramento
del Matrimonio.
Con lo sguardo rivolto a questo traguardo, i fidanzati devono conservare,
purificare e far maturare il loro affetto, affinché un giorno
esso possa rivestire tutte le caratteristiche che gli sono proprie:
amore umano, amore fedele ed esclusivo, amore fecondo, amore-carità.
CARATTERISTICHE DEL FIDANZAMENTO
Abbiamo già fatto alcune riflessioni sulle caratteristiche del
fidanzamento.
Tra l'altro si è detto che esso è il mezzo migliore per
prepararsi bene al matrimonio. Ciò è vero a determinate
condizioni: se viene affrontato con senso di responsabilità (come
preparazione, e non come passatempo) e ad un'età che consenta
il matrimonio entro un termine ragionevolmente breve; se si ha la garanzia
del consenso dei genitori (i maggiorenni non ne hanno bisogno, giuridicamente
parlando, ma se è vero che quando i genitori si oppongono non
necessariamente hanno ragione, è anche vero che non necessariamente
hanno torto); se con sincerità si cerca di essere d'accordo su
tutti i punti che si ritengono importanti; se, infine, il fidanzamento
può dirsi sotto tutti gli aspetti un fidanzamento cristiano,
tra cristiani. Vorrei soffermarmi su quest'ultimo punto per evitare
equivoci.
Il posto di Dio nel cuore dei fidanzati
Senz'altro non si tratta semplicemente di compiere certe pratiche di
pietà: non escludo che possano essere utili, ma credo che ognuno
dei due fidanzati debba riservare del tempo al dialogo personale con
Dio, a tu per tu.
Non mi sembra opportuna una linea di condotta che metta sistematicamente
in comune, in una specie di calderone spirituale, tutti i bisogni spirituali,
le aspirazioni, le vittorie e le cadute nella lotta ascetica.
La spiritualità dei coniugi e quella dei fidanzati, prendono
spunto da situazioni specifiche, ma rimangono sempre spiritualità
dei singoli (la coscienza non è mai collettiva) e debbono rispettare
l'intimità personale di ciascuno con il Signore.
Con ciò non suggerisco un atteggiamento poco sincero nei confronti
dell'altro fidanzato. La sincerità non consiste nel dire tutto
indiscriminatamente, ma nel dire tutto ciò che si deve e a chi
si deve dire, altrimenti non è più virtù, ma vizio.
È chiaro, tuttavia, che uno dei traguardi del fidanzamento è
proprio quello di conoscersi a fondo, mostrarsi così come si
è e non nascondere all'altro (o all'altra) i propri difetti.
Bisogna evitare tanto la superficialità che l'ipocrisia. Chi
cercasse di conquistarsi l'altro a poco prezzo, dando una falsa immagine
di sé, probabilmente concluderebbe un cattivo affare.
Autenticità
Purtroppo non è raro che i fidanzati, coscientemente o meno,
si nascondano l'un l'altro aspetti del proprio carattere, della famiglia
cui appartengono, o del proprio modo di pensare, e magari altri aspetti
importanti, che si manifesteranno in seguito, dopo il matrimonio, quando
scompaiono le inibizioni proprie del fidanzamento.
Tra fidanzati, bisogna dunque parlare di tante cose, rivelare a volte
tante piccole miserie, l'esistenza di aspetti meno piacevoli o attraenti
della propria personalità, perché, se l'amore c'è,
questi «nei» non lo faranno scomparire e si avrà
quindi una garanzia per gli anni futuri.
Ma - insisto di nuovo - rimane sempre un posto nel cuore, in cui non
può entrare nessuna creatura: soltanto Dio. E se quel santuario
viene profanato e il posto riservato a Dio viene occupato da un affetto
umano, non di rado lo stesso amore si perverte, diventa nemico di Dio.
Per fidanzamento cristiano intendo un'esperienza che faccia crescere
in Cristo, mediante una permanenza costante nella vita di grazia ed
un incremento progressivo delle virtù, che si dovranno esercitare
in tutte le circostanze del fidanzamento.
Ma ecco ripresentarsi la solita difficoltà: l'impossibilità
di approfondire tutti gli aspetti di un tema tanto ampio. Si dovrebbe
riscrivere un trattato di ascetica o di teologia morale, applicando
i principi generali alle situazioni caratteristiche dei fidanzati. Essendo
quindi inevitabile limitare il campo di studio, la scelta è caduta
non a caso su due virtù.
Fra le tante che i cristiani debbono vivere, la fedeltà e la
castità non sono certo le più importanti, ma mi sembra
che per la poca considerazione in cui sono tenute, sia oggi particolarmente
urgente riproporle all'attenzione.
Il fidanzamento esige fedeltà
«Fidanzamento e fedeltà» può essere un argomento
un po' a sorpresa, dato che una delle caratteristiche del fidanzamento
è la possibilità di tornare sui propri passi, di porre
rimedio a una scelta avventata, interrompendo le relazioni.
Anche il semplice pronunciare la parola fidanzamento, comporta oggi
una presa di posizione ben precisa, perché c'è perfino
chi si rifiuta di dare ad esso un suo status. Cerchiamo di chiarire
questo punto.
Se del fidanzamento si rifiuta un insieme di convenzioni sociali passate
di moda, allora non ho nulla da obbiettare; (ma che cosa si intende
veramente per « convenzioni»?).
È perfettamente comprensibile che alcuni giovani siano restii
a riconoscersi come «fidanzati» per il significato formale
attribuito al termine. Tuttavia non è ragionevole abolire ciò
che costituisce l'essenza del fidanzamento: la situazione, l'atteggiamento
interiore, il comportamento reciproco di un uomo e di una donna, nel
periodo che precede il loro possibile matrimonio. In questo senso è
evidente che non si può adoperare la parola fidanzamento per
indicare qualsiasi innamoramento, adolescente o adulto, quand'anche
presentasse qualche caratteristica di stabilità e di esclusività.
È opportuno ricordare che le infatuazioni degli adolescenti normalmente
non vanno considerate alla stregua di un fidanzamento: di solito essi
non pensano ad un futuro matrimonio, che è troppo lontano, ma
cedono all'attrattiva del momento, occasionata dalla convivenza nella
stessa classe, dall'incontro nella stessa «compagnia» o
alla festa da ballo. Non bisogna dar troppo peso a queste situazioni,
ma nemmeno prenderle alla leggera, perché possono diventare occasioni
di peccato o limitare la maturazione psichica, sociale, familiare e
scolastica dei protagonisti. Comunque non è a questi casi che
intendo riferirmi.
Fondamentalmente il fidanzamento comporta una proiezione verso il futuro,
che supera e trascende la semplice amicizia fra ragazzo e ragazza per
il senso di responsabilità che porta con sé, per l’impegno
più o meno espresso che racchiude, e per gli altri suoi caratteri
specifici.
Assumersi degli impegni
Stiamo parlando di proiezione verso il futuro e non sarà inutile
sottolineare l'importanza della fedeltà in un impegno come questo,
assunto liberamente. Forse è per questo che oggi il fidanzamento
«serio» incontra poca simpatia; tuttavia occorre tener presente
che considerare il dovere come una mancanza di libertà, non saper
rinunciare per amore a determinate possibilità, non voler essere
costretti da nulla e da nessuno, significa, in fondo, non essere disponibili
al matrimonio, che comporta la «definitività» dell'impegno
provvisorio assunto nel fidanzamento. Intendiamoci bene: non mi riferisco
all'impegno giuridico o formale, come quello che ci si assumeva negli
antichi sponsali, o al «chiedere la mano»; ma ad un impegno
intimo, che magari non ha nessuna manifestazione esteriore, ma che non
per questo manca di valore.
Nel fidanzamento occorre conciliare il definitivo con il provvisorio,
l'esclusivo con l’apertura ad altre possibilità.
Si tratta, insomma, di raggiungere un equilibrio che, se mancano amore
e senso di responsabilità, difficilmente può realizzarsi.
È per questo che il fidanzamento è un passo iniziale importantissimo.
Accontentarsi di passare il tempo insieme, non volersi mai decidere,
concepire il fidanzamento come una soluzione per passare la domenica
pomeriggio, o per buttarsi a capofitto, senza riflettere, sulla prima
occasione di matrimonio che si presenta, significa imboccare male la
strada della vita coniugale, col rischio di rovinare la vita futura.
Le cause del fallimento di tanti matrimoni si possono far risalire proprio
a questo tipo di atteggiamento, anche se i coniugi tentano di dissimulare
le crisi, nascondendosi dietro l'apparenza festosa delle nozze o la
spensieratezza dei primi momenti. I legami matrimoniali cedono, perché
si sono sposati due immaturi, anche se, a volte, basta che l'immaturo
sia solo uno. Se gli sposi non sono cresciuti interiormente, non si
sono conosciuti a fondo, non si sono donati reciprocamente, nel senso
più vero del termine, non si può pretendere che l'unione
coniugale sia stabile.
Inoltre, la scelta del fidanzato (o della fidanzata) deve essere subordinata
ad un certo controllo degli affetti: si deve fare in modo, cioè,
di impedire che una decisione affrettata prenda il sopravvento. Si deve
maturare una scelta serena, prudente, assennata. Il cuore va custodito
(torneremo sull'argomento) perché non conduca ad atti contrari
all'amore di Dio e, conseguentemente, al vero amore verso il prossimo.
È vero che al cuore non si comanda, ma vi sono mezzi per impedire
che diventi sordo o spacci per vero amore ciò che invece è
soltanto un semplice capriccio, la passione di un momento.
Il fidanzamento educa alla stabilità
«Il matrimonio non è effetto del caso o prodotto della
evoluzione di inconscie forze naturali» (enc. Humanae vitae, 8).
L’amore coniugale è un «amore “fedele”
ed esclusivo fino alla morte. Così infatti lo concepiscono lo
sposo e la sposa nel giorno in cui assumono liberamente ed in piena
consapevolezza l'impegno del vincolo matrimoniale» (Ibid., 9).
Tuttavia, per giungere a questa maturità, si deve prima imparare
la lezione alla scuola del fidanzamento. Se durante questo periodo si
coltiva un atteggiamento egoistico, scartando qualsiasi eventualità
di impegno e di fedeltà, e lasciando sempre la porta aperta ad
altre possibilità, allora sarà difficile corrispondere
alla grazia sacramentale per vivere fino in fondo la fedeltà
coniugale.
Appunto per questo, è estremamente importante far comprendere
ed apprezzare alle persone le componenti di stabilità e di fedeltà
del fidanzamento, come preludio e formazione interiore al matrimonio:
unico, perpetuo, indissolubile.
Non si può considerare fidanzamento autentico quello di chi si
riserva il diritto di altri affetti o di far coppia con chi gli pare
e quando gli pare. Sono aberrazioni, che vanno dalle insensate motivazioni
del libertino (ancora non siamo sposati) alle vanitose civetterie per
gelosia, per ripicca, o per leggerezza pura e semplice.
Chi rifiuta il fidanzamento, e perfino la stessa parola, per la stabilità
e le nuove responsabilità che implica, rifiuta una responsabilità
grave e meravigliosa allo stesso tempo.
Che pena fanno quelle coppie di giovani che si incontrano per le strade
di tutto il mondo! Fidanzati non sono, e probabilmente non vogliono
esserlo. Sono conviventi, nel senso più povero del termine, innamorati
finché dura; relitti che danno e prendono quanto possono, senza
la luce di una norma morale. Ad essi sono simili tanti altri ragazzi
che non vogliono credere che la felicità dell'amore umano ha
un assoluto bisogno di fedeltà e di senso di responsabilità,
conseguenze derivanti dall'essere uomini e non animali, creature di
Dio, figli di Dio.
Vivere castamente il fidanzamento
Il fidanzamento non è soltanto un periodo che precede il matrimonio:
ne è la preparazione, la scuola, la premessa.
Nel fidanzamento va ricercata la spiegazione di tanti fenomeni positivi
e negativi che più tardi, in un senso o nell'altro, condizioneranno
la vita matrimoniale. Ciò vale anche per la castità. Come
un matrimonio pulito è frutto di un fidanzamento pulito, così
un fidanzamento torbido può dar luogo a un matrimonio altrettanto
torbido.
Vivere castamente il fidanzamento ha un'importanza grandissima, innanzitutto
per restare in grazia di Dio; poi perché, anche umanamente, le
mancanze o i peccati in questo campo lasciano una traccia che influisce
anche sulla vita futura. Le mancanze di castità e di purezza
tra fidanzati vanno considerate come sintomi rivelatori di un determinato
atteggiamento verso Dio e, contemporaneamente, verso se stessi, verso
la persona amata, verso il mondo.
La mancanza di delicatezza, l'eccessiva familiarità nei rapporti,
gli attentati al pudore, più o meno velati, le eccessive confidenze
o i peccati di lussuria che si commettono tra fidanzati, se non vengono
corretti, acquistando una patente di normalità, continueranno
poi, moltiplicati, nel matrimonio, in maniera incontenibile.
«Il fidanzamento ben vissuto, invece, è per il futuro una
garanzia di insospettato valore, un'occasione per approfondire l'affetto
e la conoscenza reciproca, e, come ogni scuola di amore, dev'essere
ispirato, non dalla preoccupazione di possesso, ma dallo spirito di
dedizione, di comprensione, di rispetto, di delicatezza» (J. Escrivà
de Balaguer: Colloqui, n. 105).
I pericoli da evitare
In effetti, uno dei problemi più gravi, da affrontare quando
si trattano questi temi, è costituito dal fatto che i ragazzi
si comportano secondo quanto imparano da altri coetanei, o dal cinema,
o dai romanzi. In genere, tali modelli di comportamento non sono cristiani,
ma pagani; non propongono l'amore umano vero, ma la smania di soddisfazioni
sensuali.
Fatte queste premesse, vengono automaticamente esclusi gli argomenti
del tipo “lo fanno tutti..., nei film fanno sempre così...,
non siamo più nell'ottocento..., l'ho letto in un libro di un
teologo conosciutissimo..., dopo il Concilio ci sono autori che lo ammettono...,
ecc.” Si tratta sempre di argomenti che non reggono, addotti per
giustificare comportamenti contrari alla morale cristiana.
Affrontare questo periodo alla leggera, come qualcosa cui bisogna rassegnarsi
dato che non è possibile sposarsi subito, o come un mezzo per
soddisfare, nel frattempo, la sensualità, è completamente
sbagliato e porta ad errori gravissimi, e non solo morali.
Tuttavia sussistono difficoltà connesse col fatto stesso di essere
fidanzati, nonostante entrambi dimostrino la buona volontà di
comportarsi secondo la volontà di Dio. Possiamo raggruppare tali
ostacoli nel modo seguente: la spontaneità dell'affetto, i pericoli
dell'occasione, le concessioni per compassione o per ricatto.
La spontaneità dell’affetto
A volte si sente dire che il cuore non ammette formalismi e che, se
l'amore è sincero, tutto il resto conta poco. Proseguendo su
questa linea, si dice che le relazioni sessuali fra fidanzati - dato
che l'affetto è la cosa più importante - non devono aspettare
le legittimazioni da quello che sarebbe un semplice impegno sociale,
giuridico, economico: cioè il matrimonio stipulato. Con queste
premesse, tutte le manifestazioni d'affetto tra fidanzati, sotto qualsiasi
forma, diventano naturali e, anzi, doverose.
È chiaro che un'impostazione di questo genere prescinde da Dio,
dalla legge morale e dall'insegnamento della Chiesa; è viziata
alla radice e non può essere accettata da chi voglia continuare
a chiamarsi cristiano. La Rivelazione non può essere ignorata.
Oltre a quanto già visto nel primo capitolo, aggiungiamo due
considerazioni.
1. Non è vero che l'amore e le sue manifestazioni siano la stessa
cosa. L'affetto non è meno autentico - al contrario, si affina
nella sua genuinità umana - se conforma i suoi modi di esprimersi
a ciò che la legge morale esige. Non si tratta di andare contro
la spontaneità - usiamo questa parola nel senso più ricco,
in contrapposizione ad artificiosità, ad ipocrisia - ma di darle
il valore che le spetta.
In tutti i campi, e non solo in quello dell'amore, lo spontaneo deve
elevarsi fino a trasformarsi in umano per poter poi, con la grazia di
Dio, trasfigurarsi in divino.
La spontaneità non solo non può essere una regola di vita,
ma può anche costituire un ostacolo al permanere dell'anima in
grazia di Dio. Si ricordino, ad esempio, i sette peccati capitali: superbia,
avarizia, lussuria, ira, gola, invidia e pigrizia: contengono tutti
una componente di spontaneità, maggiore o minore, a seconda del
temperamento di ciascuno. Sono cose che ci “scappano” facilmente,
tanto facilmente che saltano fuori anche quando non vorremmo, perché
hanno alla base quella tendenza al male, lasciata nella natura umana
dal peccato originale.
Non è l'istinto che deve caratterizzare la nostra vita: tuttavia
esso è ciò che di più spontaneo possa muovere ad
agire.
La nostra vita deve essere caratterizzata dall'amore e dal dovere, dal
senso di responsabilità e dal libero obbedire ad una norma etica.
Da quanto detto, segue che non è lecito nel fidanzamento identificare
l'amore umano con l'intimità sessuale, anche se tra le due cose
esiste effettivamente una relazione.
La stessa verità vale per le persone sposate, per le quali l'amore
- anche quando i rapporti coniugali sono impediti per qualche motivo
- può e deve continuare ad esistere. L'amore, al di là
dell'attrazione, della soddisfazione o dell'istintività, è
prima di tutto una decisione morale.
Amore e castità sembrano entrare in conflitto, quando non si
riflette sul significato dell'amore umano, che pur avendo valore, non
ha valore assoluto: non diventano giuste cioè, in suo nome, quelle
azioni che vanno contro il vero amore.
L'amore che fosse causa di un grave danno spirituale non può,
in realtà, chiamarsi amore: la morte dell'anima, provocata dal
peccato grave, è la più terribile manifestazione di non
amore.
2. Vi è una «connessione inscindibile, che Dio ha voluto
e che l'uomo non può rompere di sua iniziativa, tra i due significati
dell'atto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo»
(enc. Humanae vitae, 12).
Non si può volere un elemento impedendo l'altro, perché
è in gioco qualcosa di molto profondo e cioè l'essenza
di un atto che trascende le sue conseguenze e le intenzioni con cui
può essere compiuto.
Un uomo è un uomo, anche se dorme o se è matto o se è
paralizzato; l'atto coniugale è qualcosa che ha significato e
liceità soltanto nel caso in cui entrambi i significati (unitivo
e procreativo) possono realizzarsi pienamente, e cioè nel matrimonio.
«Usare di questo dono divino distruggendo, anche soltanto parzialmente,
il suo significato e la sua finalità è contraddire alla
natura dell'uomo come a quella della donna e del loro più intimo
rapporto, e perciò è contraddire anche al piano di Dio
e alla sua volontà» (lbid. 13), quand'anche non lo si volesse
offendere.
«La vera preparazione matrimoniale è la purezza, il reciproco
rispetto, il faticoso dominio della naturale impazienza della passione,
l'anelito nobilissimo di porre il centro di gravità della relazione
al di sopra dei sensi. Il corpo lo si può donare solo quando
assieme ad esso vien data la vita intera nell'impegno indissolubile,
sociale, sacramentale del matrimonio. Solo allora, in questa comunità
definitiva di amore nella società e nella Chiesa, è santa
la donazione dei corpi: prima, non può essere se non un anticipo
ambiguo, aperto agli inganni, alle amarezze e alle frustrazioni che
l'esperienza ci mostra dovunque l'ordine vero dell'amore cristiano si
è sgretolato» (Matrimonio e Divorzio, dichiarazione del
comitato permanente dell'Episcopato del Cile, 6 febbraio 1971, n. 51).
Chiariti questi concetti, può sussistere ancora un dubbio: fin
dove si può arrivare nelle manifestazioni d'affetto?
A grandi linee, e senza ricorrere ad antipatiche casistiche, potremmo
fissare alcuni criteri.
Le manifestazioni d'affetto non devono mai lasciare nella coscienza
un fondo di impurità, di bassezza, di egoismo o di clandestinità:
«ci si deve comportare - soleva dire mons. Escrivà de Balaguer
quando parlava ai giovani di questo argomento - come ci si comporterebbe
alla presenza della propria madre».
Inoltre non si deve mai suscitare direttamente nessuna delle manifestazioni
fisiche proprie dell'intimità coniugale.
È logico, poi, che al momento di valutare la responsabilità
morale di certi atti, non si può prescindere da ciò che
avviene nella coscienza dell'altro, perché i fidanzati sono due.
Un gesto affettuoso, se è imprudente, può essere causa
di un peccato.
Infine, è indispensabile che permanga sempre nei rapporti tra
fidanzati una trasparenza che favorisca la vita di pietà, il
dialogo dell'anima con Dio.
I pericoli dell’occasione
Qualche pedante potrebbe pensare che da questo punto di vista già
il fidanzarsi costituisce un pericolo. Sotto un certo aspetto è
vero, ma il discorso non può finire qui, perché, in fondo,
non si sarebbe fatto altro che ricordare una verità evidente,
e cioè che i fidanzati sono creature umane.
Certamente nel fidanzamento si verificano circostanze che, moralmente
parlando, potrebbero considerarsi come occasioni di peccato: l'affetto
e la necessità di manifestarlo, il vedersi spesso, la familiarità.
Non è possibile escludere questi elementi, perché si sopprimerebbe
il fidanzamento stesso con tutte le sue caratteristiche.
Il problema pratico può ridursi ad alcuni punti ben concreti.
Quando c'è un fondo di rettitudine e di buona volontà,
molte vittorie e molte sconfitte spirituali dipendono dall'aver saputo
evitare o meno le occasioni pericolose,quali ad esempio l’appartarsi
in solitudine e al buio.
È evidente che il fidanzamento ha bisogno di momenti di intimità,
per scambiare impressioni e confidenze nobili, e per cominciare ad allenarsi
al noi due e il mondo, ma intimità non vuol dire solitudine assoluta.
Diamo per scontato che i fidanzati siano cresciuti abbastanza per accorgersi
da soli, con la grazia di Dio e l'aiuto dell'Angelo Custode, quando
si trovano in queste circostanze pericolose. Se non sanno fuggire, e
in tal modo proteggersi, non ci sarà nessuno che lo farà
per loro.
Le concessioni di fronte alla compassione o al ricatto
Senza analizzare troppo il problema, ricorderò soltanto che tra
il modo di essere dell'uomo e quello della donna ci sono delle differenze.
Fra uomo e donna si apre spesso l'abisso dell'ignoranza o del dubbio
circa l'interiorità dell'altro, nel senso più ampio del
termine.
Ciascuno conosce più o meno ciò che lo riguarda, ma per
sapere ciò che vive l'altro, deve basarsi su ciò che l'altro
gli confida. In seguito, con il passare del tempo e con il crescere
dell'esperienza, non ci sarà più bisogno di parole, e
non sarà facile dissimulare la realtà. Durante il fidanzamento
però non si arriva ancora a questo punto e quindi non è
sempre facile smascherare le bugie.
Qualche volta, così, è la ragazza ad essere ingannata,
se è ingenua e poco prudente. Opinioni abbastanza diffuse possono
contribuire a farle credere che il comandamento della purezza valga
diversamente per l'uomo e per la donna: se per di più, è
scesa in fretta e furia dalle nuvole dovendo ricredersi su una concezione
eccessivamente romantica che si era fatta dell'amore, allora ciò
che non ottiene una proposta sfacciata, l’ottiene la compassione,
o il rispetto umano, o la paura di sembrare antiquata.
Dirò soltanto che in tali casi si deve reagire con prontezza,
per non dare corda alla passione, e con fortezza, perché l'altro
non possa pensare che quella resistenza è semplicemente formale.
Vi sono situazioni in cui si deve arrivare alla rottura del fidanzamento,
se il non farlo conducesse ad offendere Dio, o se si esigessero prove
dell'autenticità dell'affetto - peccati gravi - come condizione
per continuare a stare insieme: «chi ama il padre o la madre più
di me, non è degno di me; e chi ama il figlio o la figlia più
di me, non è degno di me» (Mt 10, 37-38).
Comportarsi da cristiani
Ho già detto all'inizio che non sarebbe stato possibile in queste
pagine esaurire il tema della preparazione al matrimonio. Basti però
fissare un punto di partenza importantissimo: si può vivere cristianamente
il fidanzamento se si vivono cristianamente la vita e gli impegni di
tutti i giorni.
Comincerebbe male un fidanzamento a causa del quale si trascurassero
le pratiche di pietà, i doveri familiari, il servizio verso il
prossimo, la formazione in cui prima ci si impegnava.
L'amore umano deve essere fecondo non solo di figli, ma anche di servizio
e di amore verso Dio e verso il prossimo.
Pensare che la coppia sia autosufficiente e totalmente indipendente
dal resto del mondo, è illusorio e segno di immaturità.
È sempre sbagliato chiudersi a due, dimenticando le amicizie
precedenti, le necessità degli altri, i doveri verso i genitori
e gli altri membri della famiglia, i doveri professionali o sociali.
Ed è ancora più grave dimenticarsi di Dio.
Non esistono comunque ricette spirituali specifiche per questi rischi;
l'unica ricetta è quella di sempre: la vita d'orazione, la direzione
spirituale costante e sincera, la frequenza dei sacramenti, la mortificazione
abituale, la lotta ascetica (frutto di amore e non fonte di angosce)
per compiere sempre e in tutto la volontà di Dio - nonostante
la nostra fragilità e le eventuali cadute -, la devozione filiale
verso la Madonna, e tante altre pratiche, indispensabili alla vita cristiana.
Tutto ciò non costituisce un lusso, né tanto meno un impegno
cui può dedicarsi soltanto chi ne ha voglia o chi è più
tagliato per queste cose. A volte possono trascorrere mesi e perfino
anni senza che si noti nella vita di una persona la mancanza di un'autentica
vita di pietà. Ci sono però momenti in cui la povertà
della vita dello spirito si rivela in tutta la sua gravità.
Ciò accade di solito quando si deve far fronte a difficoltà
nuove o a situazioni più complesse di quelle abituali. Sarà
il caso del fidanzamento, poi del matrimonio, o delle prime serie difficoltà
coniugali, e poi ancora, della paternità e dell'educazione dei
figli.
E allora? Cerchiamo davvero di amare Dio sopra tutte le cose, di mantenerci
alla sua presenza, così «come gli innamorati rivolgono
continuamente il loro pensiero alla persona amata, e tutte le nostre
azioni, anche le più piccole, si riempiranno di efficacia spirituale.
Pertanto, quando il cristiano intraprende il cammino del rapporto ininterrotto
con il Signore - ed è un cammino per tutti, non una via per privilegiati
- la vita interiore cresce sicura e salda, e si consolida nell'uomo
quella lotta, amabile ed esigente ad un tempo, necessaria per realizzare
fino in fondo la volontà di Dio» (J. Escrivà de
Balaguer: È Gesù che passa, n. 119).