LA PUREZZA

Tratto da: J. L. Soria. Sesto e nono comandamento. La purezza


 

Il corpo è tempio dello Spirito Santo
Il cristiano non deve vedere nella sessualità niente di male, bensì una facoltà data da Dio all'uomo perché la usi con responsabilità ed amore nel matrimonio per trasmettere la vita ad altre creature, fine questo che va al di là del singolo individuo.
Il sesto comandamento non proibisce quindi l'uso in sé della facoltà di generare, ma il suo uso al di fuori del matrimonio, o in un modo che sia in contrasto con la natura umana.
La purezza non concerne però solo le azioni, ma riguarda anche la vita interiore della persona, per questo il sesto comandamento, che si riferisce agli atti impuri, assume un significato completo solo se unito al nono “non desiderare lo donna d'altri” che proibisce i pensieri e i desideri impuri.

La purezza non riguarda solo il corpo
L'uomo ha bisogno della castità per evitare di diventare schiavo di amori egoistici che sono in contraddizione con il giusto esercizio delle facoltà che il Signore ha dato alla natura umana, proprio per trasmettere lo vita, per donarsi agli altri. Per questo la ricerca sfrenata del godimento sessuale è offesa a Dio, e per questo la castità è una virtù necessaria al cristiano in qualunque stato e situazione si trovi, anche nel matrimonio. Non perché il piacere in se stesso sia qualcosa di cattivo, ma perché non può essere separato dagli obblighi che accompagnano le azioni che lo procurano, né può essere cercato disordinatamente e secondo il proprio capriccio.
Il piacere che di solito portano con sé le azioni relative alla procreazione non costituisce una eccezione a questa regola, e la castità avrà perciò il compito di temperare, di mettere ordine, di armonizzare tutto ciò che si collega a questo aspetto della natura umana.
La purezza non deve essere riferita solamente al corpo: la castità - e di conseguenza la verginità (il rinunciare volontariamente al matrimonio per donare a Dio un cuore intero e per dedicarsi totalmente al suo servizio) - implica una decisione libera della volontà, per la quale una persona rinuncia ad un esercizio della sessualità che sia contrario ai doveri che l'amore di Dio gli impone, secondo il suo stato.
Deve però rimanere chiaro che la purezza si deve basare soprattutto sulla grazia di Dio ed avere come fine la carità, l'amore disinteressato e che è virtuosa proprio perché animata da un motivo soprannaturale.
Da questa ragione principale ne derivano poi altre, come il rispetto del corpo che, quando siamo in grazia di Dio, è tempio dello Spirito Santo, consacrato dall'Eucaristia, destinato alla gloria della risurrezione; la considerazione che la facoltà di generare ci fa partecipi del potere creatore di Dio; l'esempio di Gesù e di Maria Santissima.
Dicevamo prima che la castità regola la facoltà naturale dell'uomo e della donna di generare figli; proprio riguardo a questo però, a volte c'è molta ignoranza.

La facoltà di trasmettere la vita
Qui si dà per scontato che il lettore o la lettrice siano ben informati su questo argomento; in caso contrario faranno bene a consultare una persona di buona formazione e con mentalità cristiana che sia in grado di chiarire i punti oscuri. Questo compito spetterebbe prima di tutto ai genitori, ma può accadere che, per vari motivi, si sia giunti alla giovinezza senza avere idee chiare riguardo a questo aspetto della vita umana: l'ignoranza costituisce senz'altro un ostacolo per chi voglia vivere lo castità, da una parte perché essa porta con sé confusione al momento di stabilire ciò che è peccato oppure no, e dall'altra perché la curiosità o la fantasia possono indurre in errore ed essere occasione di peccato o di tentazione.
Il potere di trasmettere la vita risiede negli organi genitali i quali, sia nell'uomo che nella donna, hanno alcune parti situate internamente al corpo umano, ed altre esterne che rendono possibile la realizzazione dell'atto coniugale. Questi organi esterni, proprio perché sono parte di un organismo vivo, subiscono mutamenti temporanei (in teologia morale si chiamano moti carnali) che li rendono atti a realizzare o a facilitare lo loro funzione che è la generazione di una nuova vita. Un paragone aiuterà a comprendere quello che stiamo dicendo.
La mano, ad esempio, non è sempre ferma: quando leggiamo un libro, essa si. muove, sfoglia le pagine; quando si disegna, si stira, si scrive, la mano cambia posizione, si piega o si distende, a seconda del lavoro che in quel momento deve svolgere. In tutte queste situazioni, il soggetto si rende conto (sente) che la sua mano lavora, che stringe la matita, o chiude il libro, o prende il ferro da stiro. Qualcosa di simile succede agli organi genitali: i mutamenti che subiscono servono alle funzioni per le quali sono destinati ed inoltre sono sentiti dalla persona, anche se in maniera differente rispetto ai mutamenti cui si accennava sopra.
Quando camminiamo, scriviamo o lavoriamo, ci rendiamo conto di ciò che stiamo facendo, ma senza provare per questo una sensazione di piacere. Invece i mutamenti che interessano gli organi genitali, oltre ad essere sentiti in questo modo, sono anche accompagnati da un piacere fisico che si chiama appunto piacere sessuale o genitale.
Questi cambiamenti sono di due tipi: quelli che servono alla preparazione e facilitano la realizzazione dell'atto coniugale; e quegli altri, finali, che sono conseguénza dei precedenti.
I primi possono essere causati sia volontariamente che involontariamente; una volta però che si è messo in moto volontariamente il meccanismo biologico che li regola, se non ci si ferma in tempo, si giunge automaticamente ai secondi, che meriteranno perciò la stessa qualifica morale dei primi. Se ciò si verifica nell'ambito del matrimonio e gli sposi non pongono ostacoli alla procreazione, essi avranno compiuto un atto virtuoso e nobile. Se invece i mutamenti vengono provocati al di fuori del matrimonio, in modo diretto e col pieno consenso della volontà, costituiranno un peccato grave, perché non si deve far uso della facoltà di generare - totalmente o parzialmente - in modo contrario alla natura ed alla volontà di Dio.
Al di fuori del matrimonio, quindi, una coscienza delicata dovrà evitare tutto ciò che può provocare questi moti fisici: pensieri, letture, cose che si vedono o si ascoltano, fantasie, contatti, ricordi, ecc… Daremo più avanti alcune indicazioni concrete a riguardo; intanto cerchiamo di spiegare meglio, con un esempio, i diversi gradi di responsabilità morale che questi atti comportano.
Immaginiamo che i cambiamenti fisici di cui abbiamo parlato siano come l'acqua che fuoriesce da un vaso: perché ciò avvenga, è innanzitutto necessario che il vaso sia pieno. Nel nostro caso, il vaso ha tre condotti che lo possono riempire.
I pensieri, le letture, le cose che si vedono o si sentono, la fantasia, i ricordi, portano acqua al vaso attraverso il primo condotto. Se do via libera ad un pensiero impuro, se non lo evito, anzi mi intrattengo con esso, è come se aprissi questo condotto per permettere all'acqua di entrare nel vaso: esso traboccherà per colpa mia, perché ho creato volontariamente i presupposti perché ciò avvenisse.
Il secondo condotto non ha rubinetto e io non lo posso controllare: può accadere che arrivi acqua al vaso senza volerlo e perciò senza averne io colpa. Può darsi che accada di giorno, ma può succedere più frequentemente la notte. L'acqua che fuoriesce dal vaso non dipende perciò dalla volontà: basta non acconsentire, non fare proprio ciò che si sente.
Il terzo condotto ha, come il primo, un rubinetto, lo volontà, perché gli atti che fanno traboccare il vaso, sono volontari o possono esserlo: contatti, posizioni, atti esterni insomma che, se non si verificano nell'ambito del matrimonio e si compiono con il proposito di procurare quei moti fisici, costituiranno un'offesa grave a Dio e alla virtù della castità.

Che cosa proibisce il sesto comandamento
«Il sesto comandamento - dice il catechismo di S. Pio X - ci proibisce ogni atto, ogni sguardo, ogni discorso contrario alla castità e l'infedeltà nel matrimonio» (Catechismo maggiore promulgato da S. Pio X, n. 423).
Tuttavia non si esauriscono qui gli obblighi relativi alla purezza. In primo luogo occorre considerare il sesto comandamento alla luce del primo, che dice di amare Dio sopra ogni cosa, per comprendere tutto l'aspetto positivo di questo comando divino. Poi occorre avere presente che le indicazioni contenute nel sesto comandamento vengono completate da quelle riguardanti il nono.
Vediamo ora di precisare il genere di azioni che proibisce il sesto comandamento: anche se sembra inutile farlo, è molto importante perché uno dei punti che si ignorano più di frequente è proprio questo. Forse perché - come si diceva all'inizio - si pensa erroneamente che il sesto comandamento proibisca qualsiasi azione che si riferisca al sesso, o forse perché si confonde la castità con il pudore, cioè con un sentimento istintivo che genera la vergogna per tutto ciò che riguarda il sesso e, in particolare, la facoltà di generare ed i segni esterni che le sono propri e che l'accompagnano. Il pudore può essere d'aiuto a vivere lo castità, ma non può essere identificato con questa virtù, perché il motivo per cui ci si sforza di vivere castamente è prima di tutto soprannaturale, e si identifica nell'amore di Dio.
Tornando al tema delle azioni proibite dal sesto comandamento, ricordiamo che questo precetto divino è formulato nella Sacra Scrittura con le parole «non fornicare» e che è limitato esclusivamente all'uso illecito della facoltà generatrice e di ciò che è direttamente in relazione con essa. Per una donna, ad esempio, il desiderio di essere ammirata per la bellezza o l'eleganza, non ha niente a che fare, in modo diretto, con la castità, bensì con la vanità, sebbene ciò possa mettere in pericolo la purezza.
Non ha nemmeno rapporto diretto con la castità, ma con il pudore, il modo di vestire: alcuni centimetri di stoffa in più o in meno, se non c'è un preciso intento di seduzione, saranno da mettere in rapporto con la frivolezza (seguire la moda senza alcun criterio e senza senso di responsabilità), o con il buon gusto, o potranno essere occasione di scandalo (un peccato contro la carità dovuta al prossimo).
Tutti questi aspetti vissuti con delicatezza difenderanno la purezza, se invece verranno trascurati, la metteranno in pericolo; in sé stessi però non riguardano direttamente il sesto comandamento.
Una conversazione non è contraria alla castità per il semplice fatto che tocca argomenti riguardanti il sesso: per esempio quando un padre o una madre spiegano ai loro figli l'origine della vita; o quando un professore di medicina illustra i problemi relativi alla sessualità; o quando si racconta una barzelletta che abbia a che fare con questo argomento o quando si dice una parolaccia.
Una barzelletta potrà mancare contro il sesto comandamento se avrà come scopo quello di indurre al peccato o se si racconterà compiacendosi proprio di ciò che questo comandamento proibisce. La parolaccia sarà una mancanza di educazione, o di carità, se darà fastidio agli altri, ma non costituirà necessariamente una mancanza contro il sesto comandamento.
Naturalmente gli esempi che abbiamo fatto non hanno il fine di togliere importanza a queste cose: si tratta solo di mettere in chiaro ciò che riguarda direttamente la castità, cioè di delimitare l'oggetto del comandamento che prendiamo in considerazione in queste pagine.

Le virtù che aiutano la castità
È opportuno ricordare che la castità è in relazione con molte altre virtù che, indirettamente, possono aiutarla od ostacolarla.
Una persona, ad esempio, che non è temperante nel bere e nel mangiare o che per strada non custodisce la vista - non c'è cosa o immagine che le sfugga - molto probabilmente avrà problemi di purezza. A questo proposito scrive l'autore di Cammino: «La gola è l'avanguardia dell'impurità; e ancora: il pudore e la modestia sono fratelli minori della purezza» (Cammino, n. 126 e n. 128).
Gli sguardi impuri, proibiti dal sesto comandamento, sono una cosa diversa dalla curiosità, ma non si può negare che una curiosità senza controllo, si può convertire perlomeno in un'occasione di peccato contro la castità, se non nel peccato stesso. Una persona pettegola e ficcanaso che si diverte a spiare ciò che fanno i vicini o le vicine, che dopo pochi giorni che vive in una casa già conosce l'orario in cui si alzano e si coricano tutti gli inquilini delle case accanto, potrà facilmente cadere in peccati di impurità, perché conduce una vita senza mortificazione, perché cerca di soddisfare la curiosità o una certa morbosità moltiplicando così le occasioni di peccato.
La purezza, come tutte le virtù, deve essere vissuta con atteggiamento gioioso e con generosità: «Quando ti deciderai con fermezza a condurre una vita limpida, per te la castità non sarà un peso: sarà una corona trionfale» (Cammino, n. 123).
Quando manca una decisione ferma di vivere castamente, l'anima cerca, più o meno coscientemente, delle soddisfazioni che compensino ciò che, in questo atteggiamento poco generoso, viene visto solo come difficoltà, come rinuncia, come sacrificio. Non potendo calmare completamente la fame, ci si permette ogni tanto qualche “spuntino”. Ma proprio qui sta l'errore, perché queste compensazioni, invece di lasciare tranquilla la concupiscenza, la stimolano.
Il sesto comandamento, sebbene riguardi una materia determinata, indirettamente ci chiede di evitare tutto ciò che può favorire la tentazione o il peccato di impurità. Ma dei mezzi che si devono usare per vivere fedelmente la castità, parleremo più avanti.

Quando c’è peccato?
Difficoltà si possono presentare anche al momento di sapere ciò che veramente dispiace a Dio a questo riguardo.
Vi sono ad esempio dei fenomeni naturali che si verificano con maggiore o minore frequenza, generalmente durante il sonno, di notte. Sono mezzi di cui si serve la natura per liberarsi di umori e di prodotti organici che hanno rapporto con la generazione. Si accompagnano a sensazioni fisiche e spesso anche a sogni impuri. Se questi fenomeni non si provocano volontariamente e non si accettano, non ci si deve preoccupare: «Se non acconsenti, non ti preoccupare: succeda quel che succeda. Perché soltanto la volontà può aprire la porta del cuore per introdurvi cose esecrabili» (Cammino, n. 140).
E bisogna aggiungere che non è consenso la soddisfazione materiale che si può provare in queste occasioni; così come non è acconsentire al sapore amaro di una medicina il fatto che si nota che è amara. Provare delle sensazioni di fastidio o di piacere non significa che si accettino o si rifiutino.
Altre volte, cose buone in sé sono occasione per provare sensazioni che non si potrebbero cercare direttamente, senza offendere Dio. Quando queste sensazioni non si desiderano e non si provocano direttamente, non c'è motivo di perdere lo pace.
Questo può succedere nei momenti della pulizia personale - cosa logicamente buona e utile anche per lo stessa purezza, perché di frequente lo sporcizia favorisce le tentazioni - o nell'applicazione di determinate medicine, o durante una visita medica, o nel fare uno sport, ecc… Se non c'è complicità della volontà, non c'è peccato.
Dopo aver delimitato l'argomento, parliamo di ciò che il sesto comandamento proibisce in modo diretto: la lussuria.
«La lussuria è un desiderio disordinato o una fruizione sregolata del piacere venereo. Il piacere sessuale è moralmente disordinato quando è ricercato per se stesso, al di fuori delle finalità di procreazione e di unione» (CCC, n. 2351).
Essa potrebbe essere definita come la soddisfazione moralmente disordinata del piacere genitale, o come un abuso della facoltà di generare, perché esercitata al di fuori dell'ambito voluto da Dio, per il piacere in sé, per desiderio di lucro, per condiscendenza, ecc. In una parola, il sesto comandamento proibisce, sotto pena di peccato mortale, tutto ciò che presupponga l'esercizio della facoltà generativa al di fuori del matrimonio (lussuria completa), sia individualmente, sia con un'altra persona; e proibisce inoltre, sotto pena di peccato grave, tutto ciò che porta a cercare direttamente il piacere genitale, attraverso atti carnali incompleti, sia interni (pensieri, fantasie, desideri, ecc.), sia esterni o tutti e due insieme (lussuria incompleta).
La prima confusione da evitare è abbastanza elementare: un cattivo pensiero non equivale al pensiero di una cosa cattiva. Il furto è una cosa cattiva, però nessuno può venire a dirmi che faccio un cattivo pensiero quando penso che non pagare ciò che è giusto è un furto. Facendo un esempio relativo alla purezza, possiamo affermare lo stesso: l'adulterio è un male, però non è un cattivo pensiero considerare che l'adulterio è un peccato grave contro la castità e contro la giustizia. Quello che bisogna evitare è che un pensiero possa essere occasione di peccato se si prolunga nel tempo e, soprattutto, se su quel pensiero la fantasia costruisce le sue immagini. Tanto per fare un esempio, quando penso: "sono stato a Londra", formulo un pensiero; però può succedere che soffermandomi su esso, la memoria mi ripresenti la scena dell'arrivo all'aeroporto, il vociare della gente, il rumore degli altoparlanti, quello che mi domandarono alla dogana, ecc. In altre parole può succedere che, prendendo lo spunto da un ricordo, l'immaginazione si scateni e mi faccia rivivere delle scene che successero allora. Lo stesso si può dire di cose che non sono ricordi, ma pura fantasia. Come si comprende, è un passo più in là del semplice pensiero. E' come se, oltre a pensare che il furto è un male, assistessimo ad un film in cui si descrive minuziosamente un furto. Con la differenza che un film che ha per soggetto una rapina, difficilmente sarà pericoloso da un punto di vista morale per una persona ben formata: mentre un film - o, nel caso che stiamo considerando, un frutto dell'immaginazione - riguardo a qualcosa contrario alla purezza, non solamente può metterci in condizione di acconsentire al male raffigurato dall'immaginazione, ma di più, attraverso la fantasia, è facile che si scateni il processo fisiologico che dà luogo ai cosiddetti moti carnali e che si acconsenta ad essi. Anche riguardo alla fantasia, dobbiamo dire le stesse cose affermate a proposito dei pensieri; né i pensieri, né le fantasie in sé stesse, si possono qualificare come cattivi. Per questo anche il Catechismo di S. Pio X afferma che «i pensieri che ci vengono in mente contro la purezza, per se stessi non sono peccati, ma piuttosto tentazioni e incentivi al peccato» (Catechismo maggiore promulgato da S. Pio X; n. 426). «I pensieri cattivi... sono peccati quando colpevolmente diamo loro motivo, o vi acconsentiamo o ci esponiamo al pericolo prossimo di acconsentirvi» (Ibid., n. 427). La ragione della differenza tra pensieri colpevoli e non, sta perciò nel consenso, cioè nella volontà. Ci esponiamo al pericolo prossimo di acconsentire a pensieri contro la castità se, appena ce ne rendiamo conto, non li respingiamo immediatamente; se non preghiamo con fede e con umiltà; se continuiamo a rimanere volontariamente al bordo del precipizio; se scherziamo col fuoco per provare l’emozione di sperimentare ciò che è "proibito", che però può nascondere un pericolo mortale. È come il gioco di un bambino, che abbia trovato in un campo una bomba e cominci a colpirla con un martello "per vedere se non esplode". È irrazionale allo stesso modo la condotta di chi commette imprudenze ed è poco generoso quando si presentano tentazioni riguardo alla purezza. In questi casi, invece, la tecnica più efficace è la fuga: «Non avere la viltà di fare il "coraggioso": fuggi!» (Cammino, n. 132). In terzo luogo, i pensieri contro la purezza sono peccato se acconsentiamo ad essi; se, una volta avvertiti, la volontà si sofferma sull'attività dell'intelligenza, della memoria, della fantasia, ecc…, la approva e la fa continuare.

Bisogna precisare a questo proposito che ci sono azioni sempre contrarie al sesto comandamento, qualunque sia lo stato della persona: la fornicazione, cioè la realizzazione dell'atto sessuale completo al di fuori del matrimonio; la masturbazione o peccato solitario, che consiste nel procurare al di fuori dell'atto sessuale i mutamenti fisici propri di questo atto ed il piacere che ne deriva; tutte le azioni insomma, compiute da soli o insieme ad un'altra persona, che abbiano per scopo il conseguimento del piacere sessuale al di fuori del matrimonio.

Gesù afferma che Satana è «menzognero e padre della menzogna» (Gv 8, 44). Ebbene, il Tentatore inganna e seduce molti giovani anche cristiani, quando suggerisce loro che la masturbazione non è peccato. Essa non è certamente il peccato più grave che tu possa commettere. Tuttavia può renderti schiavo, abituandoti a una sessualità egoistica e senza mediazioni e soffocando in te la vita spirituale. Come uscirne se, per disgrazia, ne sei prigioniero? Nel caso specifico, limitandomi alla sola questione della masturbazione in quanto tale, dirò una verità lapalissiana: il rimedio è il contrario del male. La masturbazione consiste nel ripiegarsi su se stessi. Concorrerai a liberartene, sviluppando nella vita tutti quei comportamenti, che ti allontanano da te stesso e ti aprono a Dio, al mondo, agli altri e ai tuoi doveri. Ti aiuterà molto tutto ciò che incoraggia il senso del lavoro, dell'impegno e della relazione. D'altra parte, una vita equilibrata, nella quale non si dorma troppo né troppo poco e nella quale sia dedicato uno spazio conveniente alla distensione e allo sport, ti farà evitare di ricorrere all'eccitazione sessuale, per sfogarti o per poter dormire con tranquillità. Le debolezze passeggere e le complicità oscure con le eccitazioni spontanee, che potrai provare soprattutto nei periodi di stanchezza e di angoscia, dovrai invece affidarle alla misericordia del Signore.

Naturalmente ci sono peccati contro la castità anche nell'ambito del matrimonio, ma, come abbiamo detto, non li prendiamo in considerazione in questa sede.
La Sacra Scrittura sottolinea la gravità dei peccati contro il sesto comandamento, riferendosi esplicitamente ad alcuni di essi: «non illudetevi! Né impudichi... né adulteri, né effeminati, né sodomiti... avranno l'eredità del regno di Dio» (1 Cor 6, 9-10).
«Ora è ben noto ciò che produce la carne; e cioè fornicazione, impurità, dissolutezza,... orge... rispetto ad azioni siffatte, vi ripeto, come già vi dissi, che chi le commette non entrerà in possesso del regno di Dio» (GaI. 5, 19-21). «Fornicazione poi e impurità di qualunque specie... neppure si nominino tra di voi, come conviene a santi... Poiché, sappiatelo bene, nessun fornicatore o impuro o avaro - che è quanto dire idolatra - ha diritto d'eredità nel regno di Cristo e di Dio. Nessuno v'inganni con vani ragionamenti: proprio a cagione di questi vizi scende l'ira di Dio sui disobbedienti. Non abbiate niente di comune con loro» (Ef 5, 3-7).
Quando l'anima offende il Signore, anche se non fa del male materialmente ad una creatura, sta compiendo il peggior male del mondo, il peccato, e dovrà pentirsi con umiltà, chiedere perdono a Dio e fare una confessione sincera, totalmente sincera, e piena di dolore di amore.

La purezza aiuta ad amare il prossimo
La purezza è inoltre un requisito importante per essere amici di Dio e per vivere in intimità con Lui. Non è certamente la prima tra tutte le virtù, però senza di essa non ci può essere carità, e questa sì che è la virtù più importante, quella che dà senso a tutte le altre.
Diciamo anche che la purezza non è nemmeno una virtù “angelica”, come viene di frequente chiamata, ma una virtù specificamente umana: di uomini e donne, che non sono puri spiriti, e che quindi devono affrontare il disordine della loro natura e lottare contro gli impulsi che spingono al peccato.
Per capire che la castità è possibile, oltre al comandamento divino, basterebbe lo testimonianza di milioni di anime che l'hanno vissuta e la vivono da quando il Signore venne sulla terra.

L'istinto sessuale dell’uomo
L'istinto sessuale, che certamente esiste nell'uomo, non può in alcun modo essere considerato come quello dell'animale. Nel caso dell'uomo, la tendenza non è una necessità assoluta, perché l'uomo ha una volontà che gli permette di non seguire necessariamente gli impulsi istintivi. Di più: la differenza è tanto grande che oggi si tende ad evitare la parola istinto, riferendosi alla sessualità umana, per sostituirla con l'espressione impulso o tendenza sessuale.
Nell'uomo infatti, solo una piccolissima parte della tendenza sessuale è spontanea; il resto, cioè la maggior parte delle cose che esercitano un'influenza su questa sfera, sono volontarie o perlomeno artificiali, nel senso che sono un prodotto dell'uomo stesso: immagini, azioni, ricordi, fantasie, ecc., esse servono come tentazione e spingono all'esercizio della sessualità, solo perché l'uomo le desidera e le intende in questo senso. Quando queste stesse cose si considerano da un altro punto di vista, smettono immediatamente di influire sulla condotta sessuale. Da qui l'importanza di conservare uno sguardo puro, per non permettere che le manifestazioni della sessualità siano disordinate.
Non bisogna dimenticare che al giorno d'oggi - per frivolezza o per sensualità, per motivi di propaganda commerciale, per desiderio di lucro o per corruzione - l'umanità è sottoposta ad un continuo bombardamento che, utilizzando tecniche visive e psicologiche molto svariate, tende a provocare stimoli sessuali mediante strumenti completamente artificiali che, per loro natura, non avrebbero questa funzione. L'influenza di questi mezzi e la concupiscenza dovuta al peccato originale fanno sì che non sia sufficiente confidare nel desiderio di mantenere lo sguardo puro, ma sia necessario vigilare per non cadere vittime del peccato.
Un altro aspetto che pure dimostra la differenza radicale tra l'uomo e l'animale per quanto riguarda la vita sessuale è che l'amore umano tende per sua natura a concretarsi in una persona ben determinata, ed ha le sue radici nella vita intima, nello spirito di ogni uomo e di ogni donna. Quando il lupo - fa notare Guitton - divora la pecora o si unisce alla lupa, non cerca una pecora o una lupa determinate, ma una pecora e una lupa, e niente più. Se l'uomo non fosse altro che un animale particolarmente raffinato dovrebbe fare lo stessa cosa, ma in realtà non è così.
Quando mangiamo ci accontentiamo del pane, del vino o della carne e non pretendiamo un pane che sia fatto con determinate spighe, o un vino che provenga da un certo grappolo.
La stessa cosa invece non si verifica per la sessualità: l'amore umano nasce tra un uomo ed una donna ben determinati e con caratteristiche esclusive. Solo quando la sessualità umana si abbassa al livello animale ci si accontenta del genere, senza porre attenzione alle caratteristiche personali esclusivamente umane.

Bisogna chiedere al Signore la purezza di cuore
Si è già parlato dell'importanza fondamentale dell'amore di Dio per vivere la castità. È logico, quindi, che tutto ciò che aiuta a mantenere una solida vita interiore sarà un mezzo insostituibile per rendere piena lo castità. Ricordiamo la frequenza ai sacramenti, una sincera devozione alla Santissima Vergine, l'orazione, perché «Dio concede la santa purezza quando la si chiede con umiltà» (Cammino, n. 118).
I mezzi soprannaturali però devono essere accompagnati da un sincero desiderio di conversione.
Se esiste sincerità di intenzioni, il Signore non tralascerà di ascoltare l'orazione di colui che chiede la castità. Se si coltiva un pudore delicato e la modestia, se si controllano i sensi, soprattutto la vista e l'immaginazione, se si parla con coraggio nella direzione spirituale, se ci si procura una formazione aperta, diretta costantemente alle necessità del prossimo, se ci si mortifica e si fuggono le occasioni, senza compromessi; e - infine - se si mettono in pratica tutti i rimedi umani, igienici ed anche medici se fosse necessario, Nostro Signore esaudirà la sua promessa: «Dio è fedele, e non permetterà che siate tentati al di sopra delle vostre forze, ma con la tentazione vi assicurerà anche il successo, sì da poterla tollerare» (1 Cor 13).