INTRODUZIONE

Nel suo ultimo libro, Memoria e identità, Giovanni Paolo II, presentando una riflessione sugli avvenimenti drammatici degli ultimi due secoli – la nascita ed il tramonto delle ideologie totalitarie del comunismo e del nazismo –, si domanda se nei paesi occidentali odierni “non operi ancora una nuova ideologia del male, forse più subdola e celata, che tenta di sfruttare, contro l’uomo e contro la famiglia, perfino i diritti dell’uomo”[1].

Lo stesso Giovanni Paolo II ricorda d’altra parte che nella storia dell’uomo e, più in generale, nella creazione stessa, non può presentarsi un male assoluto e quindi tutte le ideologie, anche quelle da lui definite come ideologie del male, mostrano qualche aspetto di bene per il quale possono sembrare attraenti[2]. Ma la presente ideologia del male, egli afferma, è conseguenza del rifiuto di Dio come Creatore, del rifiuto della “natura umana come «dato reale», e in suo luogo è stato posto un  «prodotto del pensiero» liberamente formato e liberamente mutabile a seconda delle circostanze”[3]; questo rifiuto, con il surrogato che tenta di compensarlo, è all’origine del pensiero illuminista e post-illuminista.

In consonanza con il pensiero di Giovanni Paolo II, sulla base dell’analisi delle opere di Augusto Del Noce e di Emanuele Samek Lodovici, presentiamo la tesi che il pensiero moderno, o gran parte di esso, quella parte che ha dato origine alle ideologie totalitarie e quella che si presenta anche oggi alla base della moderna società permissiva, ha origini gnostiche. Secondo i nostri due filosofi, è tipicamente gnostico proprio questo cambiamento di prospettiva che sostituisce l’uomo al posto di Dio: per lo gnostico, l’Incarnazione e la Salvezza non sono un dono gratuito di Dio, ma è l’uomo stesso che può farsi Dio e la salvezza sta nello scoprire il dio che c’è in ognuno di noi. 

Le riflessioni sulla gnosi, sviluppate dai due filosofi sono state svolte oltre vent’anni fa, ma possono considerarsi in qualche modo profetiche e sono ancora di sorprendente attualità.

Negli ultimi anni molti autori hanno individuato un ritorno di tendenze gnostiche in alcune manifestazioni della cultura moderna e contemporanea, e le opere che trattano questo tema si sono moltiplicate. La maggioranza degli autori, comunque, intende questo ritorno come un rifiorire di tali tendenze in ambito religioso o teologico, che trova sbocco in movimenti o sette che riprendono quelle tematiche che nell'arco degli ultimi duemila anni avevano continuato a manifestarsi in modo più o meno esplicito in tanti gruppi eretici, cabalistici e magici.

Viceversa la nuova gnosi, che risulta delineata dall'analisi di Emanuele Samek Lodovici ed Augusto Del Noce, non si presenta come una setta o un movimento religioso definito e strutturato come tale: è piuttosto una mentalità, una forma di approccio filosofico che implica un atteggiamento esistenziale, che può dar luogo a distinte manifestazioni di carattere culturale e politico accomunate da un carattere ideologico totalitario di religione secolarizzata.

Ciò che accomuna le diverse espressioni è la sicurezza della realizzazione di una salvezza intramondana, attuata attraverso l'avvento di un mondo nuovo. Caratteristiche di questo mondo nuovo saranno la perfetta unità ed uguaglianza, la libertà totale, l'assenza di ogni male e di ogni limite, la non necessità delle leggi.

Le riflessioni di Samek Lodovici sulla gnosi contemporanea sono raccolte quasi interamente nel libro Metamorfosi della gnosi, rieditato, a dieci anni dalla sua morte, nel 1991 con, in appendice, La gnosi e la genesi delle forme, un articolo che aveva scritto per la Rivista di Biologia, che pure lo pubblicò postumo sul volume 74 (1981), 1-2, pagg. 59-86. Un altro saggio interessante per il nostro argomento è La felicità e la crisi della cultura radical-illuministica (1980).

Per quanto riguarda Augusto Del Noce invece il primo saggio importante sulla gnosi è Eric Voegelin e la critica dell’idea di modernità (1968), a partire dal quale, anche nei libri il cui argomento principale è un altro, il nostro filosofo non manca di sottolineare gli elementi gnostici contenuti nel marxismo e nella cultura che sorge dalla sua dissoluzione. In particolare sono importanti al riguardo tre saggi meno conosciuti: L’erotismo alla conquista della società (1970), Alle radici della crisi (1972) e Violenza e secolarizzazione della gnosi (1980).


Capitolo 1
ORIGINE E DEFINIZIONE DI GNOSI

1.1 Vera e falsa «gnosi»

«Gnosi» significa in greco conoscenza, ma, in particolare, con il termine gnosi si vuole indicare la conoscenza salvifica di carattere religioso; il termine perciò di per sé può essere ambiguo.[4] Intendendo la gnosi come sapere salvifico, vi si potrebbero comprendere anche tutti i contenuti conoscitivi filosofici delle religioni tradizionali, quali il cristianesimo, l'ebraismo, ecc..., ma il termine gnosi fu usato dai movimenti eretici dei primi secoli che diedero questo nome alla propria conoscenza salvifica. Di conseguenza, gli eresiologi cristiani chiamarono gnostici tutti gli eretici dei primi secoli, anche se, secondo Magris[5], non tutti i diretti interessati apprezzavano il termine ed anzi avevano molti motivi per chiamarsi diversamente. Clemente d'Alessandria cercò di distinguere una vera gnosi, il sapere salvifico della Chiesa, da una falsa gnosi, quello delle sette eretiche gnostiche; ma, senza la specificazione dell'aggettivo, in genere quando si parla di gnosi, si sottintende quella falsa od eretica.

Per la Chiesa cristiana, dunque, la gnosi rappresentò una fonte di pericoli numerosi e seri.[6] Nei primi secoli del cristianesimo si aveva una giusta preoccupazione di rendere comprensibile il messaggio cristiano, confrontandosi con le tradizioni e le culture dell'epoca ed accettando quanto di buono esse contenessero. D'altra parte, non essendosi ancora costituito un corpo dottrinale solido anche da un punto di vista teologico, era facile che si potessero diffondere teorie eterodosse. Una prima tentazione proveniente dal mondo pagano era quella di esagerare gli aspetti intellettualistici, considerando il cristianesimo alla stregua di una aristocratica scuola filosofica pagana. Un altro pericolo era costituito da una eccessiva valutazione dell'interiorità, che poteva portare ad un'esaltazione individualistica con uno sbocco verso la sottovalutazione dell'obbedienza nella chiesa oppure verso la costituzione di una chiesa autonoma senza regole. Un terzo pericolo infine era costituito da un fascino esagerato verso la vita ascetica, che allora non aveva ancora trovato le espressioni organicamente approvate della vita eremitica o monastica. La gnosi, come vedremo più in dettaglio, conteneva tutte e tre le caratteristiche esposte sopra e si capisce come possa aver avuto facile presa su ambienti cristiani con una carente formazione dottrinale.

I principali eresiologi cristiani, che fino al XIX secolo costituivano quasi l'unica fonte per conoscere gli scritti gnostici, sono Giustino[7], Ireneo di Lione[8], Ippolito di Roma[9], Tertulliano[10], Clemente di Alessandria[11], Origene, Eusebio di Cesarea, Epifanio di Salamina[12], Efrem di Edessa, Teodoreto di Ciro, Agostino d'Ippona, Giovanni Damasceno e Teodoro bar Konai. Ad essi si aggiunge il filosofo neoplatonico pagano Plotino che, nel trattato "Contro gli Gnostici" (Enneadi II, 9) o "contro coloro che affermano che il Demiurgo del mondo è malvagio e che il mondo è cattivo"[13], si rivolge contro una setta gnostica cristiana.

Il fatto che fino al secolo scorso la quasi totalità delle fonti fosse costituita dagli eresiologi e da Plotino  dava luogo al pregiudizio di trovarsi di fronte ad una testimonianza di parte che, in quanto fornita dagli avversari, poteva aver esagerato nei tratti che mettevano in cattiva luce gli gnostici. Ma le recenti scoperte archeologiche, soprattutto quella di Nag Hammadi[14], fornendo direttamente una gran quantità di scritti gnostici, confermano sostanzialmente i contenuti individuati dagli eresiologi. Evidentemente tali autori si preoccupavano soprattutto di confutare quelle concezioni che ritenevano erronee e pericolose per l'ortodossia ed è sotto questo aspetto che deve essere ritenuta importante la loro opera.

Nonostante l'evidente reazione contro gli gnostici, vi sono comunque alcuni studiosi, tra i quali Bultmann[15] e la sua scuola, che vogliono trovare commistioni ed influenze reciproche tra la gnosi e la Chiesa istituzionale: si vorrebbero mettere in discussione la formazione della Tradizione e dei libri canonici del Nuovo Testamento, ammettendo un'influenza gnostica su di essi, in particolare su quasi tutte le lettere di S. Paolo, l'Apocalisse, le lettere ed il Vangelo di S. Giovanni, la lettera di S. Giuda e la seconda lettera di S. Pietro.[16] E' innegabile che nei testi in questione ci siano elementi e passi che hanno riscontro anche in alcuni testi gnostici, ma l'opinione costante della Chiesa è sempre stata quella di vedervi un'interpretazione capziosa da parte degli eretici. Se invece si volesse solo intendere che le speculazioni gnostiche furono utilizzate dai Padri della Chiesa come occasione o causa per la confutazione, il chiarimento, l'approfondimento e la formulazione più adatta del dato rivelato, questa non potrebbe essere chiamata influenza gnostica.

 

1.2 Gnosi e gnosticismo

Ma, tornando alla definizione di gnosi ed alla sua origine, la semplice interpretazione teologica dei Padri della Chiesa - che ritenevano gnostici tutti i movimenti eretici, in quanto dipendenti l'uno dall'altro, e tutti di origine demoniaca ed anticristiana - non soddisfa la critica storica moderna. La ricerca di analogie di contenuto, di cause sociali o culturali, di influssi reciproci di carattere storico o filosofico, ecc..., ha posto gli storici di fronte ad un rompicapo di difficile soluzione.

Al Colloquio internazionale di Messina del 1966 sulle origini dello gnosticismo, nel documento finale si proponeva di intendere con il termine gnosi, una conoscenza dei misteri divini riservati ad una élite, mentre il termine gnosticismo andrebbe riservato ai sistemi gnostici del II e III secolo[17]. In quest'ottica, gnosi diventa un termine tecnico estremamente ampio, mentre gnosticismo denota unicamente una ben determinata forma di gnosi. Questa netta separazione dei due termini, di fatto però non si è affermata universalmente ed i due termini sono spesso usati come sinonimi. Naturalmente, continua a restare valida anche l'accezione neutra di gnosi nel senso di conoscenza filosofica. Nel nostro studio intenderemo gnosi e gnosticismo come sinonimi, riferendoli principalmente a quell'ampio fenomeno culturale e religioso che investì originariamente il mondo greco-romano nel secondo e terzo secolo della nostra era; utilizzeremo i due termini anche per indicare altri movimenti analoghi.

Non tutti gli studiosi concordano nel definire la portata e gli influssi reciproci delle diverse componenti che costituiscono i movimenti raggruppati sotto questo nome. Per molti lo gnosticismo è considerato come un fenomeno religioso di carattere sincretico, con apporti iranici, greci, giudei e cristiani ed in quanto tale è visto come una degenerazione della rispettiva religione o cultura di provenienza. Per questo alcuni, come prima cosa, distinguono i sistemi gnostici di provenienza cristiana da quelli di provenienza non cristiana. Altri distinguono temporalmente due fasi: nella prima, chiamata pre-gnosi, sarebbero cominciati a circolare concetti di natura gnostica in modo non ancora organico, mentre nella seconda, chiamata gnosi vera e propria, si sarebbero formate le prime sette gnostiche già caratterizzate per dottrina e per culto. Ma anche questa distinzione non trova tutti concordi[18].

Alcune possibili linee interpretative delle origini dei sistemi gnostici sono le seguenti: Cornelis[19] ritiene che ogni religione porti con sé un sottoprodotto gnostico in forma parassitaria; Grant[20] intende lo gnosticismo come un ampio movimento che si estende dalla Gallia all'Iran dal I al IX secolo, per le cui origini assegna un ruolo importante al giudaismo apocalittico; von Harnack[21] sostiene che esso deriverebbe dall'influenza pagana sul giovane cristianesimo e parla in proposito di una "ellenizzazione acuta"; Reitzenstein[22], sottolineando la netta contrapposizione dualistica tra mondo materiale malvagio e divinità buona trascendente, pone lo gnosticismo in netta contrapposizione al mondo ellenico e quindi lo ritiene di origine iranica. Infine, Jonas[23] ritiene di ravvisare un principio animatore comune che riduca ad unità le diverse componenti culturali e religiose: lo individua nello spirito di rivolta, degli ambienti soprattutto orientali, contro una concezione ottimista del mondo come quella presentata dalla filosofia ellenica allora dominante.

Sulla base dell'interpretazione adottata, non solo si potranno avere sfumature diverse nella lettura del fenomeno, ma sarà anche possibile classificare diversamente determinati movimenti, che per alcuni studiosi assumeranno il carattere gnostico, mentre per altri no: è il caso, per esempio, del marcionismo, del manicheismo e del priscillianesimo che non tutti accettano di considerare come movimenti gnostici[24].

Sono state tentate molte strade ed il fatto di individuare alcuni elementi caratterizzanti che unifichino diversi sistemi gnostici non implica necessariamente che non siano possibili anche altre interpretazioni o che tra tutti i sistemi gnostici si sia data sempre una esplicita relazione di mutua approvazione o riconoscimento. La sopracitata biblioteca di Nag Hammadi testimonia una certa relazione tra gnostici di provenienza cristiana e gnostici di provenienza pagana. Infatti in essa furono trovati 53 scritti, non tutti gnostici, e di varia provenienza, ma tutti traduzioni copte del IV-V secolo di opere originariamente in greco. Il motivo del perché si trovassero insieme non è ancora chiaro e si fanno diverse ipotesi al riguardo: se questi fossero gli scritti utilizzati da una comunità gnostica presente nel luogo, il fatto, secondo Jonas, mostrerebbe "la larghezza di vedute, il sentimento di solidarietà, o la mutua compenetrazione, che deve essere stata la regola degli gnostici"[25]; se invece gli scritti fossero stati portati via da un monastero e seppelliti a motivo del loro carattere eretico, in seguito ad una condanna da parte dell'autorità ecclesiastica, il fatto di ritrovarsi insieme avrebbe tutt'altro significato[26].

Non intendiamo analizzare tutte le possibili ipotesi tentate per spiegare l'origine dello gnosticismo, né darne un giudizio di merito, pensiamo però che valga la pena soffermarsi brevemente sulle analisi di Jonas, Grant e Filoramo, che ci sembrano comunque valide per capire l'ambiente storico nel quale si è sviluppato lo gnosticismo.

 

1.3 Fusione tra Oriente ed Occidente

Cominciamo dall'analisi di H. Jonas, che prende l'avvio dal IV secolo prima di Cristo: "Qualsiasi descrizione dell'epoca ellenistica deve iniziare con Alessandro Magno; la sua conquista dell'Oriente (334-323 a.C.) segna una svolta nella storia del mondo antico. Dalle condizioni che essa creò, sorse una unità culturale più vasta di ogni altra esistita precedentemente, unità che doveva durare quasi un millennio fino a che a sua volta fu distrutta dalle conquiste dell'Islam. Il nuovo fatto storico reso possibile, e in realtà voluto, da Alessandro fu l'unione dell'Occidente e dell'Oriente. Occidente significa qui il mondo greco riunito intorno all'Egeo; Oriente, l'area delle antiche civiltà orientali, che si estendevano dall'Egitto ai confini dell'India"[27].

Jonas distingue due fasi nell'ellenizzazione. Nella prima fase si ha un processo progressivo di integrazione ed universalizzazione che può essere schematizzato secondo due principali componenti.

La prima è uno sviluppo culturale che realizza una trasformazione da ideali morali e politici validi solo per i greci ad una riflessione filosofica universalista: da cittadini della polis si passa ad essere cittadini del cosmo, cosmopoliti, ed il diritto a tale cittadinanza proviene dal possesso della ragione, quindi non si è più greci solo per nascita, ma anche per educazione ed anche un barbaro può diventare greco; dal relativismo etico e politico si passa al razionalismo.

La seconda è l'annessione di popolazioni indigene che, contrariamente a quanto accadeva nelle precedenti colonie greche, fa parte di un piano di inculturazione e di fusione anche razziale: città in origine orientali, come Alessandria e Antiochia, si trasformano in città di tipo greco con costituzione, istituzioni ed amministrazione elleniche.

Nella seconda fase di ellenismo posteriore, la cultura secolare risulta invece influenzata da motivi religiosi. "Ellenismo divenne sinonimo di conservativismo e si cristallizzò in una definitiva dottrina nella quale l'intera tradizione dell'antichità pagana, sia religiosa che filosofica, fu per l'ultima volta sistematizzata. Sia i suoi aderenti, sia i suoi oppositori vivevano dappertutto, cosicché il campo di battaglia si estese a tutto il mondo civilizzato. Ma la marea crescente  della religione aveva assorbito lo stesso pensiero greco e trasformato il suo carattere specifico: la cultura secolare ellenistica si mutò in una cultura con forte accentuazione pagano-religiosa, sia per difesa sua contro il cristianesimo sia per sua necessità interna. Ciò significa che in un'epoca nella quale sorsero le religioni mondiali lo stesso ellenismo divenne una particolare religione: e fu così che Plotino e ancor più Giuliano l'Apostata concepirono la loro causa ellenistica, ossia pagana, che nel neoplatonismo fondò poi una specie di chiesa con i suoi dogmi e la sua apologetica"[28].

Da parte sua, la componente orientale mostra nel primo periodo un'apparente passività, docilità e disposizione all'assimilazione, come conseguenza di una apatia politica ed una stasi culturale causate dal susseguirsi di imperi dispotici: lo sradicamento ed il trapianto di intere popolazioni che aveva subito l'Oriente ad opera di tali imperi aveva però prodotto due effetti: il distacco dei contenuti culturali e religiosi delle civiltà ebraica, babilonese e persiana dal proprio territorio di origine e la diffusione in tutto l'oriente di detti contenuti con la tendenza ad un sincretismo religioso soprattutto nelle città maggiori. "Indubbiamente la civiltà ellenistica, aperta e ospitale, si offriva alle creazioni della mente orientale, una volta che queste avevano assunto la forma greca. Perciò l'unità formale di questa cultura abbracciava di fatto una pluralità, anche se, per così dire, sempre sotto l'etichetta ufficiale greca.  Per quanto riguarda l'Oriente la situazione produsse una specie di mimetismo, che ebbe conseguenze di grande portata per tutto il suo futuro"[29]. Secondo Jonas "il sincretismo religioso che divenne il fatto più decisivo nell'ultima fase cominciò a prendere forma in questo primo periodo dell'età ellenistica [...] Fu l'estensione sempre maggiore e la profondità di questo processo che causò il passaggio dal primo al secondo periodo dell'ellenismo, quello religioso-orientale"[30]. Egli vede collegati tra loro, in senso lato, tutti questi fenomeni: l'estensione del giudaismo ellenistico e in modo particolare il sorgere della filosofia giudaico-alessandrina; la diffusione dell'astrologia babilonese e della magia; la diffusione di differenti culti misterici orientali e la loro evoluzione in religioni misteriche spirituali; il sorgere del cristianesimo; la fioritura di movimenti gnostici, con i loro grandi sistemi, all'interno e all'esterno della struttura cristiana; e le filosofie trascendentali della tarda antichità, a cominciare dal neopitagorismo fino alla scuola neoplatonica"[31].

 

1.4 L'apocalittica giudaica

Nell'ambito del Medio Oriente, il popolo ebraico costituiva un problema molto particolare. Oltre alla riluttanza a mescolarsi con altri popoli e ad accettare sul proprio territorio la cultura pagana ellenica o romana, aveva una religione che non poteva tollerare di essere considerata alla pari di altri culti idolatrici.

Nel I secolo a.C. la situazione politica della Palestina, occupata dai Romani, con una classe sacerdotale di sadducei troppo tolleranti e favorevoli al compromesso in cambio di una certa autonomia, aveva spinto i religiosi più intransigenti a ritirarsi nell'isolamento di Qumran oppure a costituire gruppi di zeloti anelanti la rivolta per ristabilire la teocrazia. Il rovesciamento della situazione di oppressione con un intervento di Dio era sempre più spesso considerato inevitabile ed imminente, ma ogni volta veniva puntualmente smentito.

"Nell'anno 6, dopo che l'etnarca di Giudea fu deposto dai romani, si levò in Galilea un certo Giuda per opporsi al pagamento delle tasse a Roma [...] Sotto Claudio, al tempo della carestia in Giudea, un entusiasta di nome Teuda raccolse i suoi seguaci presso il Giordano e disse loro che egli avrebbe potuto dividere le acque per farli passare. I romani lo decapitarono prima che il miracolo potesse compiersi. Sotto Nerone, il sommo sacerdote ebreo fu assassinato e sorsero dei profeti che persuasero molti ad andare nel deserto per vedere i segni della libertà di Dio. Nuovamente le truppe romane uccisero la maggior parte di loro"[32]. Tutti questi episodi raccolti da Flavio Giuseppe nelle sue opere sulle guerre giudaiche non sono che il prologo della caduta di Gerusalemme ad opera di Vespasiano e Tito durante la quale lo stesso Flavio Giuseppe racconta di segni dal cielo, visioni e profezie che accompagnavano gli eventi bellici[33].

"Nonostante tutto questo entusiasmo religioso, Vespasiano incendiò Qumran, probabilmente nell'estate del 68, e nel 70 Gerusalemme stessa cadde e il tempio fu distrutto dal fuoco. La fede apocalittica sopravvisse alla catastrofe per un certo tempo [...] A Cirene un tessitore condusse un altro gruppo di visionari nel deserto per vedere segni e portenti; essi furono dispersi dai romani [...] In Siria sorse il profeta Elkasai, che ricevette la rivelazione da angeli colossali e predisse una grande lotta escatologica sul confine siro-parto [...] Questa rivolta, estremamente violenta e sanguinosa, fu sedata soltanto nel 117 [...] Tuttavia l'entusiasmo apocalittico non ebbe termine. Soltanto quindici anni dopo l'imperatore Adriano annunciò la sua intenzione di costruire una nuova città greca sulle rovine di Gerusalemme e di erigervi un tempio a Giove Capitolino. Un certo Simone-bar-Koseba innalzò lo stendardo della rivolta e il famoso rabbi ebreo Akiba era pronto a vedere in lui la stella sorgente da Giacobbe [...] Secondo Dione Cassio più di mezzo milione di ebrei vi persero la vita. Questo avvenimento segna la fine effettiva dell'apocalittica giudaica [...] Non solo gli entusiasmi apocalittici, ma gli ebrei in generale, devono essere stati scossi nella loro fede.  I servizi del tempio erano finiti; che dovevano fare i sacerdoti e i leviti? Col tempio distrutto, come potevano i pii farisei continuare ad ubbidire alla legge di Mosè? Col fallimento della visione apocalittica, come poteva questa essere conservata dagli esseni o dagli zeloti? La legge e i profeti rimanevano, ma come potevano ormai essere interpretati?"[34] 

Questa continua delusione nei confronti di un intervento di Dio che tardava a venire avrebbe spinto alcuni gruppi ad una interpretazione più radicale ed allo stesso tempo più spirituale: la vera rivelazione consiste nella conoscenza di un senso nascosto della Scrittura; questo mondo è intrinsecamente malvagio ed abbandonato a se  stesso; non è più governato da Dio, ma dal suo Avversario, con le sue potenze, gli arconti e i demoni; i veri giusti si sentono ormai estranei a questo mondo e attendono la salvezza da Dio in un nuovo eone[35].

 

1.5 Una nuova religiosità

Alle situazioni sociali descritte da Jonas e Grant, Filoramo aggiunge alcuni elementi di carattere più filosofico, cosmologico ed antropologico.[36] Un primo elemento è dato dalla nuova concezione astronomica, che, dall'idea di una terra piatta, frontiera tra un mondo inferiore demoniaco ed un cielo superiore, passa a vedere la terra al centro dell'universo, circondata dalle sfere planetarie: questa rivoluzione astronomica doveva comportare conseguenze anche per la geografia religiosa dell'Aldilà, poiché gli Inferi sotterranei dovevano trasferirsi al cosmo, che diventava così demonizzato.

Un altro elemento, comune al platonismo ed alla mistica giudaica e cristiana, era l'affermarsi di un'assoluta trascendenza di Dio e quindi la problematicità della spiegazione del suo intervento nella storia e nel mondo, con la tendenza a moltiplicare le figure intermedie tra Dio e il cosmo. Parimenti, lo sviluppo del pensiero filosofico e lo stesso diffondersi dell'annuncio cristiano ponevano l'accento sulla superiorità della realtà spirituale dell'uomo rispetto alla componente materiale. "Chi, annoiato o disgustato dal mondo esterno, si volgeva al proprio microcosmo interiore, lo faceva ora con una nuova sensibilità, umbratile ed acuta, che lo rendeva capace di cogliere al proprio interno i segni del formarsi di una nuova vita, che a molti appariva ormai come l'unica vera: essa partecipava infatti della vita stessa della divinità, forse coincideva con essa"[37].

Il problema del male e della sofferenza, sentiti in modo particolarmente acuti, ponevano il problema sia dal punto di vista della salvezza personale, che dal punto di vista della spiegazione dell'origine del male nel mondo. "Come era potuto sorgere il male, da un'opera creatrice, quale quella divina, in sè intrinsecamente buona? Esisteva allora una qualche possibilità di mediazione fra l'assoluta trascendenza divina e la natura corrotta del mondo e dell'uomo? Il problema della mediazione, che caratterizza in modo così acuto il pensiero dell'epoca, riceve, a seconda delle varie situazioni, risposte diverse"[38].

Oltre al cristianesimo, anche altre religioni avevano cominciato a concepire l'appartenenza alla propria comunità soprattutto come un'adesione interiore, risposta ad una vocazione o rivelazione, e, pur mantenendo ancora taluni riti esteriori, davano ora meno importanza ai formalismi esteriori tradizionali, tipici dell'appartenenza al proprio popolo: la religione stessa poteva essere cosmopolita[39].

Infine, accanto ai mediatori tradizionali del sacro - interpreti di sogni, oracoli, divinazioni - si faceva strada anche un interesse per la mistica e l'estasi, ricercate con una curiosità più intellettuale[40].

 

1.6 Elementi per un bilancio

Di fronte alla panoramica descritta sopra, l'atteggiamento attualmente prevalente tra gli studiosi è quello della prudenza nei giudizi: se alcuni sottolineano determinati elementi che sembrano loro più importanti, altri ne mettono in evidenza i limiti, e così la discussione sembra non giungere mai a conclusione. Se Filoramo[41] ritiene che il problema dell'origine della gnosi sia di difficile soluzione e Couliano[42] lo giudica insolubile, Magris[43] addirittura qualifica come contraddittoria la ricerca di una causa e di un'essenza dello gnosticismo, per le inevitabili semplificazioni nelle quali si dovrebbe incorrere.

Nel suddetto Colloquio di Messina si era cercato anche di individuare un complesso di tratti caratteristici dello gnosticismo: "Lo gnosticismo delle sette del II secolo implica una serie coerente di caratteristiche che si possono riassumere nella concezione della presenza nell'uomo di una scintilla divina, che proviene dal mondo divino, che è caduta in questo mondo sottomesso al destino, alla nascita e alla morte e che dev'essere risvegliata dalla controparte divina del suo Io interiore per essere finalmente reintegrata. Questa idea [...] è fondata ontologicamente sulla concezione di una «degradazione» del divino la cui periferia (spesso chiamata Sophia o Ennoia) doveva entrare fatalmente in una crisi e produrre - sia pure solo indirettamente - questo mondo, di cui essa non può d'altronde disinteressarsi perché deve recuperarvi lo pneuma"[44].

Questa descrizione centra il pensiero di fondo, ma nei diversi sistemi gnostici si danno molte variazioni, tanto che ciò su cui tutti concordano è soltanto lo sfondo storico sul quale si è sviluppato lo gnosticismo: giudaismo ellenistico e apocalittico; cristianesimo primitivo; religioni misteriche con elementi siriaci, anatolici, egizi e iranici; platonismo e stoicismo; occultismo magico, astrologico e alchimistico. Su questa base si sono sviluppati molti sistemi, spesso collegati tra loro e con alcuni elementi particolarmente fecondi e predominanti.

 



[1] Giovanni Paolo II, Memoria e identità, Rizzoli, Milano 2005, pag. 23.

[2] Cfr. ibid., pagg. 13-14.

[3] Ibid., pag. 23.

[4] Cfr. P. Koslowski, La gnosi cristiana come altro illuminismo, in «Acta Philosophica», 1 (1992), pagg. 40 e ss.

[5] Cfr. A. Magris, La logica del pensiero gnostico, Morcelliana, Brescia 1997, pagg. 25-29.

[6] Cfr. E. Lupieri, Lo gnosticismo, in Complementi interdisciplinari di Patrologia, Città nuova, Roma 1989, pag. 74.

[7] Il cap. 26 della sua Apologia è dedicato a tre eretici (Simone, Menandro e Marcione) ed in esso parla anche di un trattato contro tutte le eresie che però non ci è giunto.

[8] La sua opera principale, in cinque libri, è Adversus Haereses, nella quale confuta soprattutto la scuola valentiniana, ma si occupa anche di altre eresie che considera derivate tutte da Simon Mago; fonda l'ortodossia  sull'ininterrotta successione apostolica e cerca di dimostrare come le eresie non siano che errori e menzogne.

[9] Il suo scritto principale è la Refutatio omnium haeresium, divisa in due parti: la prima descrive gli errori precristiani, dei filosofi greci, dei maghi, degli astrologhi e dei culti misterici; la seconda contiene le eresie cristiane, che tenta di far derivare dagli errori precedenti.

[10] Tra i molti trattati, uno di particolare importanza che riassume gli argomenti fondamentali da opporre contro tutti gli eretici, è il De praescriptione haereticorum, in cui ribadisce l'importanza di fondare la dottrina cristiana su Gesù Cristo e la tradizione apostolica, stigmatizzando la sapienza mondana e la brama di sapere.

[11] Tra le sue opere, Stromata è quella in cui contrappone la vera gnosi alla gnosi falsa od eretica.

[12] L'opera principale di Epifanio è il Panarion, che elenca ottanta eresie. Dopo la sua morte, si fece una riduzione del Panarion, nota come Recapitulatio, che servì da fonte per le opere di autori successivi, quali Agostino, Giovanni Damasceno e Teodoro bar Konai.

[13] Porfirio, Vita di Plotino, 24; traduzione con testo greco a fronte di G. Faggin in Plotino, Enneadi, Rusconi, Milano 1992, pag. 43.

[14] Una sintetica descrizione dell'importanza della scoperta, avvenuta nel 1946, con la storia dei ritrovamenti e delle relative pubblicazioni dei codici che si ritiene fossero tutti contenuti in una unica giara sepolta in questa località dell'Alto Egitto, si trova in K. Rudolph, La Gnosi, Paideia Editrice, Brescia 2000, pagg. 75-98; ed anche in G. Filoramo, L'attesa della fine. Storia della gnosi, Laterza, Roma-Bari 1983, pagg. 23-33.

[15] Cfr. R. Bultmann, Teologia del Nuovo Testamento, Queriniana, Brescia 1985.

[16] Cfr. K. Rudolph, op. cit., pagg. 378-392. In questa parte della sua opera Rudolph si riferisce esplicitamente alla scuola di Bultmann.

[17] Cfr. ibid., pag. 104.

[18] Cfr. M. SimonettiPresentazione a H. Jonas, Lo gnosticismo, SEI, Torino 1991, pag. 8.

[19] Cfr. H. Cornelis - A. Leonard, Gnosis eterna, Casal i Vall, Andorra 1961.

[20] Cfr. R. M. Grant, Gnosticismo e cristianesimo primitivo, Il Mulino, Bologna 1976.

[21] Cfr. A. Von Harnack, Marcion. Das Evangelium vom fremden Gott, Hinrichs, Leipzig 1924.

[22] Cfr. R. Reitzenstein, Die ellenistischen Mysterienreligionen, Teubner, Leipzig 1927.

[23] Cfr. H. Jonas, Lo gnosticismo, SEI, Torino 1991.

[24] Cfr. L. Cencillo, voce Gnosticismo, in Gran Enciclopedia Rialp, Vol. IX, Rialp Madrid 1987, pagg. 61-63.

[25] H. Jonas, op. cit., pag. 309.

[26] Cfr. K. Rudolph, op. cit., pag. 86. Si ha notizia, al riguardo, di un'enciclica di Atanasio di Alessandria dell'anno 367, nella quale sono condannati molti scritti gnostici ed a motivo di tale condanna sarebbero stati eliminati dalla biblioteca del monastero.

[27] H. Jonas, op. cit., pag. 23.

[28] Ibid., pag. 30.

[29] Ibid., pag. 38.

[30] Ibid., pag. 40.

[31] Cfr. Ibid., pag. 45.

[32] R. M. Grant, op. cit., pagg. 41-42. Cfr. Flavio Giuseppe, La Guerra Giudaica, Vol. 1, Mondadori, Milano 1974, pag. 305 e pag. 349. Flavio Giuseppe, nato a Gerusalemme nel 37 d.C., discendeva da una famiglia di grandi sacerdoti ebrei. Per qualche tempo diresse la resistenza del suo popolo contro i romani; poi cadde prigioniero, collaborò con i nemici, predisse l'ascesa al trono di Vespasiano. Per tutta la vita fu combattuto tra il profondo amore per il Dio di Israele, il tempio di Gerusalemme, i riti amorosamente coltivati e conservati, e la convinzione che la Provvidenza aveva ormai scelto l'immenso, maestoso ed armonico impero di Roma. La guerra giudaica fu il primo libro scritto tra il 75 e 79 d.C., cui seguirono Le antichità giudaiche nel 93-94.

[33] Cfr. Flavio Giuseppe, op. cit., Vol. 2, pagg. 377-383.

[34] R. M. Grant, op. cit., pagg. 43-47. Cfr. Flavio Giuseppe, op. cit., Vol. 2, pagg. 367-377  e pagg. 517-519. Del profeta Elkasai si parla in Ippolito, Refutatio omnium haeresium, libro IX, 13-17, in PG XVI/3, 3388-3393.

[35] Cfr. R. M. Grant, op. cit., pagg. 48-50.

[36] Cfr. G. Filoramo, L'attesa ..., cit., pagg. 38-45.

[37] Ibid., pag. 40.

[38] Ibid., pag. 42.

[39] Cfr. ibid., pagg. 46-52.

[40] Cfr. ibid., pagg. 52-56.

[41] Cfr. ibid., pagg. 221-228.

[42] Cfr. I. P. Couliano, I miti dei dualismi occidentali, Jaca Book, Milano 1989, pagg. 77-90.

[43] Cfr. A. Magris, op. cit., pagg. 22-23.

[44] Citazione in G. Filoramo, L'attesa ..., cit., pag. 223.