Capitolo 12
TENDENZE GNOSTICHE NELLA TEOLOGIA

È noto che il Magistero della Chiesa, negli ultimi due secoli, ha ripetutamente condannato alcune proposizioni moderne di carattere filosofico e sociale, considerate in chiaro contrasto o pericolose per la fede cattolica[1]. Ha cercato allo stesso tempo di mantenere un dialogo con la cultura contemporanea, sia per realizzare riforme ecclesiali prudenti e graduali, che per dare orientamenti dottrinali per l’azione politica e sociale[2].

Nel paragrafo riguardante i caratteri gnostici dell’Idealismo, avevamo ricordato brevemente l’influenza del pensiero di Hegel e del pensiero di Gioachino da Fiore sulla teologia del XIX e XX secolo.

Un teologo protestante del XX secolo che ha avuto grande influenza anche in ambiente cattolico, per la sua visione dell'escatologia che conteneva molti riferimenti gioachimiti, è J. Moltmann. Egli riprese i temi delle  tre età, associando a ciascuna di esse una libertà (dei servi, dei figli e degli amici di Dio) e ponendo l'accento sul futuro e sull'impegno nel mondo a scapito di categorie dogmatiche come la Trinità e l'Incarnazione[3].

Parallelamente, in ambito cristologico, le influenze della concezione hegeliana si fecero molto sentire particolarmente in Hans Küng, il quale affermava esplicitamente la necessità di superare la metafisica di origine greca con una concezione più moderna e riteneva che Hegel potesse essere il filosofo di riferimento. A questo scopo Küng dedicò un intero libro, intitolato Menschwerdung Gottes[4].

In esso Küng riteneva che, utilizzando la dialettica hegeliana, fosse possibile una comprensione più moderna del mistero dell'Incarnazione. In tal modo verrebbe superata la fissità della formulazione del Concilio di Calcedonia di una persona in due nature, poiché quest’ultima faceva riferimento a termini ellenistici quali «natura», «ipostasi», «unione», «persona» che, secondo Küng, fanno parte di un mondo concettuale corrispondente ad una verità scientifica superata da venti secoli[5].

Come dicevamo, Samek Lodovici ha criticato le idee di Küng mostrando seri dubbi, in accordo con altri autori[6], sulla convenienza ed adeguatezza di tale obiettivo, che il libro si poneva come tesi di fondo.

Samek Lodovici sottolineava la pericolosità di trascurare il problema ontologico per spostare l'attenzione dal fatto in sé, l'Incarnazione di Dio, al significato che questo ha per il credente.

"Qual è il senso ortodosso dell'Incarnazione? Questo senza dubbio: Dio si incarna, ovvero un uomo preciso è Dio e uomo. Qual è invece il senso hegeliano della Menschwerdung [si osservi che il termine tedesco, usato anche da Küng, contiene con il werden quell'idea di diventar altro, di fieri, che la parola latina incarnatio non ha]? Questo: Dio lascia la propria condizione di altro dal mondo in quanto si incarna (passa ad essere l'umanità, la storia con il suo continuo processo di manifestazioni, figure, fatti). Dio smette di essere Dio per diventare da quel momento la Storia, la Storia dell'Umanità. La persona storica del mediatore, è volatilizzata; al suo posto, nel concetto di Incarnazione è rimasta la mediazione. L'incarnazione è la mediazione attraverso la quale Dio è diventato l'Umanità. Come si vede ci troviamo di fronte ad una tipica gnosi cristologica che volatilizza il fatto storico dell'Incarnazione e gli sostituisce un'interpretazione"[7].

In quest’analisi Samek Lodovici concordava con quanto scriveva Cottier[8] sul concetto hegeliano di Incarnazione, ripreso anche da G. B. Sala[9], e dunque riassumeva questa posizione gnostica con la frase sintetica: "tradurre in significati quelli che il Nuovo Testamento presenta come fatti"[10]. A tale impostazione si riferiva  recentemente anche Massimo Borghesi, confermando, quindi, i rilievi di Samek Lodovici:

"Nell'interpretazione idealistica del cristianesimo le realtà del contenuto cristiano, la sua presenza sensibile nell'ambito spazio-temporale, il suo essere un avvenimento che si manifesta eminentemente tramite il volto concreto della Chiesa, viene così negata e risolta nell'universale religioso. [...] In questa obliterazione viene meno tanto il cristianesimo come evento, quanto, corrispondentemente, la possibilità di sperimentare, a partire dalle esigenze oggettive dell'umana natura, la verità di tale fatto. Ciò che rimane è una sorta di sublimazione religiosa dell'io che risolve, gnosticamente e simbolicamente, il contenuto concreto della fede quale cifra della propria autoesperienza interna sia essa mistica o sentimentale. In questo vuoto, per cui viene meno l'elemento proprio del cattolicesimo - il suo manifestare la presenza sensibile e attuale del Mistero divino - prende corpo la dialettica tra cristianesimo «pneumatico», gnostico, e radicalismo escatologico"[11].

Un’altra concezione che si era fatta strada negli ultimi decenni in un ambiente di crescente relativismo, era quella di pensare che le formule e le verità di fede avessero solo una certa utilità pratica, guardando con sospetto una teologia organizzata secondo un rigido sistema concettuale. L'unico criterio di verità non sarebbe stato altro che l'esperienza soggettiva di fede del credente.[12]

Dopo aver ricordato e riassunto i principali elementi che qualificavano un dogma di fede[13], Samek Lodovici riproponeva dunque la necessità degli asserti dogmatici proprio per il loro carattere di prova sulla quale il credente rischia la propria vita.

Opponendosi alla riduzione relativistica dei dogmi, Samek Lodovici prendeva in esame, come esempio, un altro libro di Hans Küng[14] e la disputa con Karl Rahner che ne era seguita[15].

"Küng afferma che di infallibilità, ut sic non si potrà più parlare nella Chiesa, ma solo di indefettibilità nella verità, in quanto a priori, cioè per principio, né al Papa, né ai concili, né alla Scrittura stessa va attribuita un'inerranza circa proposizioni particolari. O più precisamente: nonostante la Chiesa nella persona del Papa e del collegio episcopale possa continuamente errare in definizioni concernenti la fede (non importa se ex cathedra o no), e anzi de facto abbia continuato e continui ad errare, Cristo non le verrà mai meno, lo Spirito Santo non cesserà di animarla anche se il modo, appunto, di mantenerla nella verità deve escludere che la fede della Chiesa abbia come oggetto un messaggio dottrinalmente determinato e intellettualmente assimilabile, una verità appunto."[16]

Con queste tesi, Küng riteneva di aver portato alle estreme conseguenze il pensiero di Rahner, per il quale era necessario tener conto del contesto storico nello studio della formulazione dei dogmi; ma lo stesso Rahner lo sconfessò. Samek Lodovici, nella sua critica puntuale, mostrava come Küng, influenzato da Hegel, avesse perso il senso originario del principio di non contraddizione[17] e quindi non riuscisse ad ammettere un approfondimento storico del dogma. Per Küng solo Dio era infallibile, e solo Lui possedeva la verità, perciò nell'Incarnazione egli introduceva una sorta di dualità tra Gesù Cristo e la Chiesa, in quanto da una parte, in Gesù Cristo, c'è la Verità dello Spirito e dall'altra, nella Chiesa, l'errore della materialità, che accompagna sempre la condizione umana. Con questa impostazione, oltre alle conseguenze cristologiche che abbiamo già visto, veniva però negata una progressiva comprensione di una medesima verità di fede da parte della Chiesa, mentre si intendeva la storicità del dogma come la formulazione di un significato da parte della comunità che lo enuncia, senza alcuna continuità con le formulazioni passate[18].

Se si affermasse che l'unico fondamento stabile ed immutabile sia l'esperienza di fede, mentre tutti i contenuti potrebbero cambiare, saremmo di fronte ad un asserto di tipo ideologico e chiaramente inconfutabile, poiché non sottoponibile alla prova dei fatti. Invece, la verità di fede deve precedere ed essere il contenuto dell'esperienza di fede; non può venire dopo quest'ultima.

In ambito teologico, quindi, il progressismo di tendenza gnostica progredisce con un'infiltrazione interna al cattolicesimo, spesso mascherata di ecumenismo, che non riconosce il fatto dell'Incarnazione, Passione, Morte e Resurrezione del Figlio di Dio, ma ne cerca un'interpretazione più spirituale, più spendibile per la mentalità moderna: rifiuta l'efficacia dei sacramenti, e non accetta la concretezza di una Chiesa istituzionale, troppo umana per potersi definire Corpo Mistico di Cristo[19].

Parallelamente a questo, si osserva inoltre il tentativo di creare una religione indipendente, sincretista e universalista, di cui è espressione il fenomeno della New Age[20], sfruttando anche la concezione tendente a dissociare una chiesa spirituale e carismatica dalla chiesa istituzionale.


CONCLUSIONI

Queste osservazioni di Del Noce pubblicate, poco dopo la sua scomparsa, su «30 giorni» nel febbraio 1990, possono servirci per introdurre il bilancio conclusivo del nostro lavoro:

“A mio giudizio il termine secolarizzazione acquisisce tutto il suo significato se lo pensiamo in rapporto a quella che possiamo chiamare la controreligione marxista: Marx vuole realizzare il rifiuto radicale della dipendenza dell’uomo, dunque dell’aspetto per cui religione significa dipendenza da un Dio creatore […] È da osservare come l’idea della convenienza prioritaria al marxismo del termine di secolarizzazione includa in sé anche quel che c’è di valido dell’interpretazione del marxismo in termini di nuovo gnosticismo, così che la sua comparsa a conclusione della filosofia classica tedesca segna la riapertura nell’Ottocento del conflitto tra la religiosità cristiana e una religiosità di tipo gnostico.  È nei testi gnostici, infatti, che troviamo l’idea dei due mondi, ognuno dei quali ha il suo Dio, e quello che il vero Dio è il Dio del mondo «nuovo», di un mondo di là da venire, del tutto contrario al mondo presente in cui l’uomo vive come uno «straniero». Il «futuro» o l’«avvenire» dei rivoluzionari sembra la traduzione moderna del «vero» Dio degli gnostici”[21].

Pensiamo quindi di poter affermare che la continuità tra gnosi antica e gnosi moderna sia deducibile dalle riflessioni dei nostri due autori e, tenendo conto anche dell’apporto critico degli altri autori più o meno favorevoli, ne proponiamo qui di seguito una nostra sintesi.

Il primo elemento che risulta evidente è la conflittualità costante che si è data lungo la storia tra la religiosità cristiana e la religiosità di tipo gnostico.

Il cristianesimo fonda la fede su una Rivelazione operata dal Dio trascendente, che interviene nella storia umana: la Rivelazione ha un contenuto di Verità, alcune delle quali sono verità inaccessibili alla sola ragione umana, mentre altre sono difficili da raggiungere con certezza; allo stesso tempo però la Rivelazione è anche comunicazione di una Vita nuova soprannaturale che richiede mezzi soprannaturali, per cui la vita morale ha bisogno di una Grazia per raggiungere la Salvezza. L’intervento di Dio ha sempre la caratteristica di un dono gratuito.

La religiosità gnostica è invece una religiosità che si fonda sul rifiuto della propria condizione di finitezza, dalla quale si aspira ad uscire intuendo che il proprio io può lottare per liberarsi dalla situazione di sofferenza presente giungendo a ritrovarsi trasformato in un nuovo mondo. Il punto di partenza dello gnostico è «la sofferenza presente», il «male» che sente di subire ingiustamente e quindi l’attenzione dello gnostico è rivolta verso la ricerca di una spiegazione del perché «io debba soffrire ingiustamente». Le cause della sofferenza sono quindi proiettate all’esterno, nel mondo, nella società, nelle istituzioni sociali o religiose, nel Dio dispotico, ecc…, mentre la propria libertà è vista come aspirazione all’affrancamento da qualsiasi legge esteriore. Pensiamo che non sarebbe errato definire la religiosità gnostica come una religiosità nella quale sia stato eliminato il peccato di superbia, una religiosità nella quale la superbia sia viceversa in qualche misura esaltata o appagata, come recupero di una dignità non riconosciuta.

In tutti i sistemi gnostici antichi, la condizione emotiva sulla quale si faceva leva era dunque la sensazione del sentirsi straniero in una terra ostile; a questa condizione di estraneazione veniva offerta la salvezza della gnosi, la conoscenza salvifica che prometteva il recupero della situazione edenica originaria, persa non per propria colpa. La salvezza consisteva allora nell’appropriarsi di una tecnica di purificazione, mentre l’azione era misurata, non moralmente dalla corrispondenza con un ordine trascendente, ma dall’efficacia ai fini del risultato finale da conseguire.

Questi elementi spiegano sia la facilità con cui un sistema gnostico potesse far presa, almeno momentaneamente, su popolazioni provate da situazioni di disagio sociale, sia la possibilità concreta che il sistema gnostico fosse vissuto come una variazione «più adatta» di un cristianesimo giudicato, per qualche aspetto, troppo esigente o inadeguato alla situazione storica del momento. Mantenendo fermi gli elementi costitutivi già descritti di un sistema gnostico, si possono anche ricavare i derivati sottosistemi, conseguenti all’accentuazione di un determinato carattere qualificante o del suo opposto: mitico o razionalista, trascendente o immanente, contemplativo o attivista, ottimista o pessimista.

Il primo carattere qualificante riguarda il tipo della «conoscenza salvifica», che può essere una illuminazione di carattere razionale, cioè una comprensione più profonda della realtà, restando pur sempre una comprensione naturale o «scientifica»; oppure una «rivelazione» soprannaturale, ottenuta in modo fortuito o miracoloso.

Il secondo riguarda il compimento della liberazione, che può essere promessa in un «al di là» futuro, alla fine dei tempi, oppure può essere anelata come una trasformazione del mondo presente.

Il terzo carattere riguarda il ruolo che viene assegnato alla cooperazione del singolo alla propria liberazione ed all’eventuale trasformazione del mondo: per alcuni sistemi la conoscenza salvifica è già in se stessa segno di un’elezione e quindi è garanzia della propria salvezza (da cui l’indifferenza nei confronti di qualsiasi tipo di attività e la giustificazione dello stato di fatto); per altri invece il processo di liberazione e la trasformazione del mondo richiedono uno sforzo ascetico verso se stessi e verso il mondo, ricordando però che questo è uno sforzo la cui validità è misurata solo dall’efficacia raggiunta.

L’ultimo carattere riguarda infine lo stato d’animo con cui si affronta la propria situazione: se nell’attivista che si vota per una causa sembra prevalente lo stato d’animo ottimista, esistono tuttavia degli attivisti che non si preoccupano di guardare al di là della loro azione distruttiva nei confronti della realtà presente; a maggior ragione, nel contemplativo si possono dare con la stessa probabilità entrambe le disposizioni (potendo, il possesso della conoscenza superiore, procurare appagamento o rassegnazione).

Prima di giungere al marxismo, qualificato da Del Noce come «nuova gnosi attivista», abbiamo osservato come, lungo la storia, siano sorti o si siano conservati molti movimenti che, avendo un tratto gnostico comune, si differenziavano per i caratteri specifici illustrati sopra. Inoltre, alcuni movimenti erano in manifesta opposizione al cristianesimo, altri si proponevano come riforma della chiesa istituzionale.

Con il precedente riassunto riteniamo di aver mostrato, nei suoi tratti essenziali, la fondatezza della tesi del comune carattere gnostico di movimenti anche lontani tra loro nel tempo.

Per questo riteniamo pienamente convincente la posizione di Del Noce che, in accordo con Voegelin, definisce il marxismo come nuova gnosi alla quale possono essere attribuiti i caratteri di razionale, immanente, attivista ed ottimista. Il suo carattere razionale ed immanente è ereditato come ultima fase del processo di evoluzione del razionalismo che, partito dalla considerazione della ragione umana come Assoluto, negato progressivamente qualsiasi legame o dipendenza da un Dio trascendente, pone se stesso come autorivelazione e autoredenzione dell’umanità. La conclusione della filosofia idealista tedesca è quella di manifestarsi come autentica gnosi, conoscenza salvifica che risolve in sé la religione: assumendo dal cristianesimo la fraseologia religiosa, lo svuota dei suoi contenuti storici concreti, di intervento reale di Dio trascendente nella storia dell’uomo, per presentarsi come un cristianesimo superiore, spirituale ed immanente.

Questo ateismo mascherato da «teologia superiore» viene reso chiaramente manifesto dal marxismo, la cui gnosi rovescia la costruzione hegeliana e la prosegue con l’assunzione che tutto il processo storico è un processo umano, prodotto unicamente dalle condizioni materiali. La gnosi marxista si presenta dunque con l’affermazione che l’Uomo è l’essere assoluto, che l’attuale situazione di schiavitù e sofferenza è dovuta all’inganno di sentirsi dipendenti da Dio, che il peccato da cui occorre liberare l’uomo è proprio la religione, che la situazione economica dell’umanità sta giungendo ad un punto esplosivo e che il proletariato è la classe eletta che, guidando la rivoluzione, può dar vita al nuovo mondo liberato da qualsiasi dipendenza e sofferenza. Si passa quindi dalla gnosi contemplativa hegeliana alla gnosi attivista ed ottimista marxista: la totale fiducia che questa fantastica promessa avrà compimento, cosa che secondo Marx aveva un solido fondamento scientifico, costituisce la nuova religione atea, sostitutiva di qualsiasi altra religione.

Ci è quindi sembrata particolarmente importante, anche nei confronti del revisionismo marxista, questa forte sottolineatura di Del Noce che qualifica la gnosi marxista come religione intrinsecamente atea, poiché si fonda sull’esigenza di un’indipendenza radicale da Dio, come premessa e come compimento della rivoluzione; la religione trascendente deve essere sostituita dalla religione politica immanente ed il compimento della rivoluzione costituisce l’unico criterio per giudicare la bontà di ogni azione (secondo il noto concetto di «ortoprassi»): il solo giudizio cui dice di volersi sottoporre il marxista è quello della Storia. Ma, come abbiamo visto, per i teorici marxisti, i problemi sono sorti sempre al momento delle realizzazioni pratiche del progetto, che non potevano essere rimandate all’infinito per quanto il compimento delle promesse fosse mantenuto il più possibile nel vago: nessuna delle rivoluzioni tentate ha mai potuto dichiararsi conclusa, ma è stata sempre considerata transitoria o incompleta, per qualche motivo estraneo alla rivoluzione stessa.

L’accorgersi che la rivoluzione non si compiva spontaneamente o comunque non così facilmente, come si era ipotizzato «scientificamente», ha progressivamente spostato l’attenzione di coloro che non erano disposti alla «revisione della teoria», verso l’attuazione spregiudicata delle tecniche di conquista e di mantenimento del potere, rendendo manifesta la loro dissimulata volontà di potenza. Trovano una chiara spiegazione in tal senso l’idea della guida (prima gli intellettuali e poi il partito) come «vera coscienza» del proletariato, l’alterazione della storia e del linguaggio ai fini del mantenimento della tensione rivoluzionaria e per il mascheramento degli insuccessi, l’opzione di ammettere la necessità di una rivoluzione prima nazionale che mondiale.

A questo punto, in accordo con Maritain (e questo è forse un aspetto non sempre evidenziato da Del Noce e da Samek Lodovici) pensiamo che sia senz’altro necessario distinguere l’«ideologo» dal semplice comunista, perché se il primo può essere qualificato come truffatore intellettuale, il secondo è spesso solo uno che ha subito, più o meno inconsapevolmente, l’inganno manipolatorio. Anche la sottolineatura costante fatta da Del Noce sul carattere intrinsecamente ateo e privo di qualsiasi anelito di moralità e di giustizia della filosofia marxista non deve essere considerata un giudizio di condanna delle intenzioni di tutti i militanti comunisti o socialisti.

L’evoluzione storica del marxismo ha visto anche i tentativi di «revisione» operati da Gentile e da Gramsci, che, opponendosi all’esito coercitivo del totalitarismo leninista e staliniano, escludevano una rivoluzione materialista e violenta. Ci pare che Del Noce abbia tuttavia mostrato con efficacia che entrambi si muovevano nel senso della ricerca di una nuova forma di filosofia della prassi, ma che rimasero sempre nella prospettiva totalitaria, poiché propugnavano regimi politico-filosofici che esigevano dai cittadini un’adesione onnicomprensiva in vista di una radicale trasformazione della società, ed individuavano nell’egemonia culturale il metodo adeguato per raggiungerla.

Se da una parte si deve dare atto al gramscismo di aver scartato il metodo della rivoluzione violenta, dall’altra, non avendo alcuna motivazione morale a sostegno del rifiuto dell’uso della violenza, non sapremo mai se questa non sia stata semplicemente una scelta tattica dettata dalle circostanze storiche; per il resto il gramscismo, sostituendo l’opposizione tra borghesia e proletariato con quella tra progressisti e conservatori, costituì il primo passo verso il trionfo della nuova borghesia progressista, che, secondo Del Noce, rappresenta una forma di gnosi ancor più secolarizzata. Infatti, per il nostro filosofo, il fallimento di tutti i tentativi rivoluzionari di instaurazione di un nuovo mondo attraverso un’azione violenta, ha favorito l’evoluzione del materialismo storico puro, privato del momento dialettico (coincidente con l’elemento mistico-religioso, in quanto momento di passaggio catartico nel mondo nuovo trasformato). La componente materialista e positivista, rimasta sola, ha dato luogo all’ultima forma di gnosi perfettamente secolare: la società opulenta e tecnologica, espressione della borghesia allo stato puro. Sorgendo quest’ultima come dissoluzione del marxismo, ne ha rappresentato lo «scacco», secondo un’espressione tipicamente delnociana, in quanto ha realizzato il compimento dell’opposto della principale delle sue intenzioni dichiarate (il crollo della borghesia).

Quest’ultima forma di gnosi, tutt’ora attiva, rappresenta anche il massimo di tutte le opposizioni al cristianesimo, conservando tutte le negazioni del marxismo (negazione della verità, della natura umana, della libertà, della morale, della religione) e mascherando il suo totalitarismo dietro una facciata di tolleranza e democrazia. Sulla pericolosità della società opulenta e permissiva e sul suo carattere gnostico si ritrovano concordi Del Noce e Samek Lodovici e riteniamo particolarmente convincenti le loro critiche dettagliate, dalle quali si deduce l’unitarietà del processo di dissoluzione in atto: la cosiddetta linea progressista mira alla distruzione della società tradizionale, della famiglia, del concetto di diritto naturale, poiché ha in mente un mondo nuovo nel quale l’unica regola deve essere il soddisfacimento di qualsiasi piacere, la possibilità di sciogliersi da qualsiasi legame e l’abolizione di qualsiasi dipendenza.

In continuità con la concezione marxista che vedeva nel matrimonio solo una struttura conseguente all’economia borghese, la nuova gnosi radicale ritiene che l’uomo possa progettare la propria vita e la propria sessualità svincolandosi da qualsiasi legge di natura. La scienza permetterebbe di superare qualsiasi limite, per cui la contraccezione, l’omosessualità, il cambiamento della propria identità sessuale, la fecondazione eterologa, la sessualità di gruppo, le unioni libere, ecc…, sono considerate tutte conquiste di una società finalmente libera e moderna. Anche il controllo sulla procreazione da parte della scienza e l’affermazione dell’indipendenza del concepimento da un rapporto di amore coniugale interno alla famiglia sono visti come una liberazione da vincoli naturali ingiustamente coercitivi: si persegue dunque il mito di poter dare, a chiunque lo desideri, un figlio sano e magari anche con caratteri genetici prestabiliti. Quindi si parla di diritto al figlio, come di diritto alla casa, al lavoro o al benessere per tutti, celibi o nubili, di qualsiasi età, coppie eterosessuali od omosessuali, con paternità o maternità a scelta. Infine la gnosi radicale proclama anche il diritto di stabilire quando una vita, propria o altrui, sia degna di essere vissuta oppure no. Da qui il diritto all’aborto, all’eliminazione di embrioni o feti non desiderati o malati, all’eutanasia propria o di propri familiari.

Questa dunque la «rivelazione» della nuova gnosi: la totale fiducia nella scienza come «toccasana» di ogni male, come  «conoscenza superiore» che finalmente libererebbe l’uomo da qualsiasi dipendenza naturale, alla quale si troverebbe costretto per la concezione reazionaria ed autoritaria di una Chiesa tradizionalista, prigioniera dei miti e timorosa di aprirsi alle novità del progresso.

Del Noce e Samek Lodovici hanno mostrato invece come, se si accettasse la concezione scientista che, in quanto riduzionista, ritiene che dietro ogni desiderio non si nascondono altro che forze cieche della stessa natura materiale, l’uomo verrebbe consegnato ad un relativismo e ad una democrazia senza senso: la società democratica non sarebbe altro che un grande conflitto di interessi particolari, disciplinati dall’unica regola della maggioranza numerica, soggetta a sua volta alle manipolazioni della menzogna efficace della comunicazione mediatica, controllata dai gruppi di potere.

L’unico nemico di questa idilliaca società sarebbe costituito solo da coloro che pensano di poter lottare con libertà per cercare e difendere il possesso di una verità. Infatti per i nuovi gnostici, parlare di verità equivarrebbe a cadere automaticamente in una dipendenza autoritaria, poiché non concepiscono che si possa avere rispetto della coscienza degli altri, essendo prigionieri della «logica del sospetto», che proietta il male sempre al di fuori di sé.

Per quanto riguarda il processo di secolarizzazione, i nostri due autori hanno forse trascurato un po’ di sottolineare gli aspetti positivi che ci sono stati negli ultimi secoli: l’abbandono di un modello teocratico, la desacralizzazione della politica, la distinzione tra legge morale e legge positiva, il riconoscimento del pluralismo e della relativa autonomia dei fini temporali della società possono senz’altro essere visti come elementi utili non solo per lo sviluppo della società civile, ma anche per il recupero e l’approfondimento di un’autentica prospettiva evangelica. La stessa rivalutazione della ragione e della scienza operata dall’illuminismo può essere utilizzata con profitto anche all’interno della scienza teologica. Pensiamo che la non sottolineatura di questi elementi, da parte dei nostri autori, sia da imputare al fatto che negli anni del post-concilio il pericolo maggiore veniva proprio dall’eccesso di ottimismo, da parte dei cristiani, nei confronti di questa cultura moderna.

Infatti molti cristiani non si accorgevano che, per il pensiero progressista, secolarizzazione significava, non gli aspetti positivi elencati sopra, bensì: proclamazione di un’autorivelazione ed un’autoredenzione, assoluta indipendenza da Dio, autonomia completa della politica dalla morale, imposizione al cristiano di rinunciare alla verità e di smettere di cercare di far riconoscere come ragionevoli determinati comportamenti morali fondati sulla propria fede, ed uguale imposizione di una revisione del cristianesimo in senso riduzionista e razionalista. Evidentemente questo equivaleva ad accettare una società che negava i diritti più basilari della persona e la fine del cristianesimo.

Concordiamo con i nostri autori nel ritenere che il punto di partenza per uscire dalla mentalità gnostica, permeante a tutt’oggi gran parte della nostra cultura occidentale, sia quello di rifiutare l’agnosticismo falsamente tollerante ed il relativismo gnoseologico e morale, per riconoscere invece il valore della verità, come necessario fondamento per qualsiasi comunicazione e relazione tra gli uomini. In conseguenza delle loro tesi, è necessario riscoprire il senso autentico dell’umiltà, sia come adesione ad una verità che ci si offre, per quanto difficile o scomoda da accettare, che come riconoscimento che ciascuno di noi, debole e soggetto al peccato originale, ha la possibilità concreta di compiere il male; per questo la felicità è un traguardo da conseguire con sforzo virtuoso, e non un diritto da esigere come dovuto.

Infine, il valore della libertà personale si deve fondare sul riconoscimento della dignità di ogni persona, come immagine di Dio, chiamata a compiere responsabilmente il suo ruolo nel mondo; per questo la democrazia non può fondarsi sul relativismo e sul mero conflitto numerico tra volontà inconciliabili, ma deve fondarsi sul riconoscimento di valori umani comuni, il primo dei quali è il rispetto dei diritti fondamentali di ogni persona.

La stringente attualità che mantiene oggi la diagnosi dei nostri due autori è testimoniata dalle parole che il Cardinale Ratzinger, oggi Papa Benedetto XVI, ha pronunciato nell’omelia della S. Messa di apertura del Conclave, il 18 aprile 2005:

“Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni,  quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero... La piccola barca  del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde -  gettata da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all’individualismo radicale; dall’ateismo ad  un vago misticismo religioso; dall’agnosticismo al sincretismo e così via. Ogni giorno nascono nuove sette e si realizza quanto dice San Paolo sull’inganno degli uomini, sull’astuzia che tende a trarre nell’errore. Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare «qua e là da qualsiasi vento di dottrina», appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie. Noi, invece, abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. È lui la misura del vero umanesimo. «Adulta» non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo. È quest’amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità […] San Paolo ci offre a questo proposito - in contrasto con le continue peripezie di coloro che sono come fanciulli sballottati dalle onde - una bella parola: fare la verità nella carità, come formula fondamentale dell’esistenza cristiana”.

 



[1] Ad esempio: Gregorio XVI, Mirari vos (1832), enciclica contro l’indifferentismo religioso; Pio IX, Il Sillabo (1864), compendio contro il liberalismo, il comunismo, il nazionalismo; Pio X, Pascendi (1907), enciclica contro il modernismo; Pio XI, Mit brennender Sorge e Divini Redemptoris (1937) encicliche contro il nazismo ed il comunismo; Giovanni Paolo II, Redemptor hominis (1979), enciclica in cui, tra l’altro, si difendono la dignità dell’uomo e la libertà religiosa e Fides et ratio (1998) contro il fideismo ed il razionalismo, per l’armonia tra fede e ragione.

[2] Le encicliche sulla questione sociale sono iniziate con Leone XIII, Rerum novarum (1891), seguita da Pio XI, Quadragesimo anno (1931); poi Giovanni XXIII, Mater et magistra (1961); Paolo VI, Populorum Progressio (1967) e Octogesima adveniens (1971); Giovanni Paolo II, Laborem exercens (1981), Sollicitudo rei socialis (1987)  e Centesimus annus (1991). Recentemente è stato pubblicato un compendio sulla dottrina sociale della Chiesa: Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, Compendio della dottrina sociale della Chiesa, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2004.

[3] Cfr. H. De LubacLa posterità…II, cit., pagg. 493-495.

[4] H. Küng, Menschwerdung Gottes. Eine Einführung in Hegels theologisches Denken als Prolegomena zu einer künftigen Christologie, Freiburg in Breisgau 1970, tr. it.: Incarnazione di Dio: introduzione al pensiero teologico di Hegel, prolegomeni ad una futura cristologia, Queriniana, Brescia 1972.

[5] Cfr. E. Samek Lodovici, Metamorfosi…, cit., pag. 95.

[6] Samek Lodovici cita, ad esempio, A. Grillmeier, A. Eggenspieler, R. Cantalamessa, H. Schlier (Cfr. ibid., pagg. 96-97).

[7] Ibid., pagg. 100-101.

[8] Cfr. G.M.M. Cottier, L'ateismo del giovane Marx, Vita e Pensiero, Milano 1981, pagg. 23-43.

[9] Cfr. G.B. Sala, Essere cristiani e essere nella Chiesa. Il problema di fondo in un recente libro di Hans Küng,  Edizioni Paoline, Alba 1975.

[10] E. Samek Lodovici, Metamorfosi…, cit., pag. 102.

[11] M. Borghesi, Hegel, maestro di tutti, in «30 Giorni», gennaio 1996, pag. 47.

[12] Riguardo all'influenza della gnosi moderna sulla teologia dogmatica attuale, cfr. M. J. Le Guillou, Il mistero del padre, Jaca Book, Milano 1979.

[13] "Il dogma è, primo, quanto al contenuto, una verità della Rivelazione; secondo, quanto al suo aspetto formale, una verità proposizionale; terzo, quanto al valore, una dichiarazione infallibile; quarto, quanto al tenore della sua esigenza, vincolante per ogni credente; quinto, quanto alla modalità del suo sviluppo, una dichiarazione effettuata nella storia e dunque suscettibile di successivi approfondimenti" (E. Samek Lodovici, Metamorfosi…, cit., pag. 59).

[14] H. Küng, Unfehlbar? Eine Anfrage, Einsiedeln 1970; tr. it.: Infallibile?: una domanda, Anteo, Bologna 1970.

[15] Cfr. K. Rahner, Kritik an Hans Küng, in «Stimmer der Zeit», Dicembre 1970; H. Küng, Antwort an Karl Rahner, in «Stimmer der Zeit», Gennaio 1971.

[16] E. Samek Lodovici, Metamorfosi…, cit., pag. 66.

[17] Cfr. ibid., pagg. 77-81.

[18] Cfr. ibid., pagg. 81-91.

[19] "Nel sacramento, infatti, si dà adesso (dunque non nel futuro o nell'aldilà ma nella condizione presente), un ponte tra il divino e l'umano; [...] il sacramento, come segno che è la realtà che significa, non è il simbolo putativo di una salvezza possibile, ma l'anticipo concreto di una redenzione reale. La condizione umana pertanto è una condizione in cui bene e male si intrecciano in una maniera inestricabile" (Ibid., pag. 11).

[20] Sulle origini del New Age ed i suoi legami con lo gnosticismo si può vedere il cap. 2 di un recente studio: Pontificio Consiglio Della Cultura, Pontificio Consiglio Per Il Dialogo Interreligioso, Gesù Cristo Portatore dell'Acqua viva. Una riflessione cristiana sul "New Age", Città del Vaticano 2003.

[21] A. Del Noce, Cristianità…, cit., pagg. 255-256.