Capitolo 4
MOVIMENTI GNOSTICI FINO AL MEDIO EVO

4.1 Simon Mago

Sulla figura di Simon Mago abbiamo notizie dagli Atti degli Apostoli, da Giustino, Ireneo, Ippolito ed infine dagli Atti apocrifi di Pietro e dal romanzo pseudoclementino[1]. Le informazioni che si possono dedurre da questi scritti su Simone e la sua scuola non sono del tutto omogenee, tanto che diversi autori le prendono come esempio delle difficoltà di analizzare le origini e lo sviluppo dello stesso movimento gnostico nel suo complesso.

"Il movimento simoniano pare aver conosciuto diverse fasi di sviluppo. Da un culto locale di origini giudaiche ma di tendenze sincretistiche e privo di tratti specificamente gnostici, ruotante intorno a un uomo divino samaritano [Simone stesso], esso è divenuto, nel corso del II secolo, un tipico movimento gnostico. L'impatto col cristianesimo, in questo senso, è stato decisivo nella trasformazione di Simone in salvatore gnostico. L'incontro con la filosofia pagana gli ha fornito ulteriori elementi di conferma e insieme di approfondimento del nucleo mitologico. Quest'ultimo ha corrispondenze - senza per questo dover pensare a una dipendenza - con il mito dell'Androgino archetipale e della sua Ennoia a noi noto da altre fonti[2]. Il simonianesimo dimostra le capacità di adattamento e di trasformazione che certi temi mitici hanno conosciuto nel corso di una storia plurisecolare"[3].

Giustino[4] ed Ireneo di Lione[5] attribuiscono a Simone, vissuto nel I secolo, l'origine di tutti i sistemi gnostici; suo primo successore fu Menandro, anch'egli samaritano, ma che svolse la sua opera ad Antiochia di Siria. Come Simone, predica un Dio sconosciuto e assolutamente trascendente, una Ennoia-Sophia generatrice degli angeli creatori di questo mondo, un salvatore (Menandro stesso) che promette una gnosi intrisa di magia e pratiche battesimali che, quale novità rispetto a Simone, assicurano l'immortalità già in questa vita[6].

Saturnino, che opera intorno al 120 - 130 d.C., sarebbe stato il suo successore in Siria, ma con lui il movimento gnostico acquista connotati ancor più marcatamente giudaico-cristiani, essendo assente il tema della Ennoia-Sophia e del Demiurgo. In lui il Dio dei giudei dell'Antico Testamento è identificato con uno dei sette angeli creatori. Costui plasma l'uomo secondo un'immagine divina, ma l'uomo così formato non sarebbe in grado di ergersi se il Dio supremo non immettesse in lui la scintilla di vita che costituisce il suo principio spirituale. La scintilla di vita, grazie all'opera di un Cristo salvatore, ingenerato, incorporeo e senza figura, risalirà dopo la morte presso le realtà divine a lei consustanziali, mentre il corpo si dissolverà. Per accelerare il processo salvifico era necessario praticare un rigido ascetismo, astenendosi dal cibarsi di carni e dal generare, visti come atti derivati da Satana[7].

 

4.2 Basilide e Carpocrate

Contemporaneo di Saturnino, Basilide svolge la sua opera (continuata poi da suo figlio Isidoro) ad Alessandria[8]. È uno gnostico cristiano, con influenze persiane e greche, che pretende di far risalire il suo insegnamento a tradizioni orali esoteriche provenienti dagli stessi testimoni oculari della vita di Gesù. Della sua dottrina abbiamo due interpretazioni differenti che forse testimoniano un'evoluzione della sua scuola: la prima fase, corrispondente alla versione di Ireneo[9], mostra un sistema chiaramente dualista, mentre la seconda fase, descritta da Ippolito[10], ha carattere monista di matrice filosofica greca.

In entrambi i casi l'anima umana è vista come decaduta in un mondo dal quale deve essere liberata ad opera di un salvatore. Nel primo caso, che corrisponde ad una concezione più profondamente pessimista, gli eletti, estranei a questo mondo, sono salvati ad opera di un Salvatore inviato dal Dio nascosto, che riesce ad ingannare le potenze di questo mondo soggetto al Dio giudaico tirannico, poiché prima della crocifissione si fa sostituire da Simone di Cirene, quindi può tornare al Padre. Nel sistema monista invece la salvezza avviene ad opera di un Cristo spirituale che realizza una restaurazione escatologica di tutte le cose. Queste ultime, terza derivazione di un «seme del mondo» prodotto dal Dio nascosto secondo un disegno prestabilito, non sarebbero state in grado, a causa della loro contaminazione con il mondo, di tornare al Padre senza l'intervento del Salvatore. Da un punto di vista morale, i basilidiani presentano caratteri sia ascetici che libertini[11].

Della stessa epoca di Basilide è anche Carpocrate che, con il figlio Epifane e una Marcellina, vissuta a Roma intorno al 150, costituiscono i tre rappresentanti noti dei carpocraziani[12].

Caratteristica dei carpocraziani è l'indifferenza morale portata all'estremo, la libertà di sperimentare ogni peccato per ottenere prima la liberazione dello spirito, la comunione dei beni e la libera unione di uomini e donne, il gusto della trasgressione della legge considerata come costrizione di un Dio cattivo dell'Antico Testamento.

 

4.3 Marcione

Per molti autori, Marcione non sarebbe da considerare gnostico. Oltre ad Harnack[13], la pensano così anche Couliano[14] e Filoramo[15], mentre sicuramente fu il suo discepolo Apelle a portare la dottrina del maestro verso lo gnosticismo.

I tratti gnostici originari di Marcione sono l'anticosmismo radicale e la dottrina teologica della distinzione tra il Dio buono annunciato da Gesù nel Nuovo Testamento e il Dio creatore, cattivo e vendicativo dell'Antico Testamento. Gli altri elementi dottrinali hanno invece poco di gnostico.

Marcione, originario di Sinope, figlio di un vescovo cristiano, soggiornò a Roma intorno al 140 e, dopo avere cercato di introdurvi le sue dottrine, fu espulso dalla comunità romana e fondò una propria chiesa con un sacerdozio aperto anche alle donne, una propria liturgia ed un corpo dottrinale fondato su un canone scritturistico.

La dottrina di Marcione, pur subendo influssi neoplatonici ed essendo marcatamente antigiudaica, non utilizza alcun mito, propugna un ascetismo rigoroso, promette la salvezza mediante la fede individuale e non parla di alcuna scintilla divina presente nell'uomo, nei confronti del quale è invece profondamente pessimista.

 

4.4 Valentino

Valentino, egiziano di nascita, giunse a Roma intorno al 140 e vi morì, dopo un periodo trascorso in Oriente, intorno al 160[16]. È uno gnostico cristiano che personalmente non fu molto eterodosso, ma i suoi discepoli svilupparono le sue idee in sistemi mitico-teologici di grande varietà e ricchezza, tanto che gli eresiologi ne danno sei versioni distinte. La loro mitologia riprende i temi già visti del Dio nascosto, delle potenze inferiori creatrici del cosmo, della sostanza divina presente nell'uomo che deve essere recuperata; elabora quindi questi temi mettendo un accento particolare sul ruolo negativo della sessualità, e specificamente della parte femminile, vedendo nella riproduzione un inganno delle potenze inferiori, che cercano in questo modo di mantenere prigioniera in altri uomini la sostanza spirituale presente nel seme maschile. È tipica poi dei loro sistemi un'antropologia che vede gli uomini divisi in tre categorie: ilici, psichici e pneumatici (loro stessi, gli gnostici spirituali)[17].

La scuola di Valentino raggiunse la massima fioritura alla fine del II secolo e si divise in un ramo italico, con Eracleone, Tolomeo e Florino, ed un ramo orientale, con Teodoto e Marco; i valentiniani sopravvissero poi per tutto il III e IV secolo e ne restarono labili tracce anche fino al VII e VIII secolo.

 

4.5 Altri gruppi dei primi secoli

Tra i testi rinvenuti a Nag Hammadi, riveste notevole importanza un testo ermetico, opera di uno gnostico non cristiano conoscitore di Platone e di Mosè, il cosiddetto Poimandres, o Pastore di uomini. Il testo raccoglie la rivelazione fatta da Hermes, o Ermete Trismegisto, da parte di Poimandres, che in essa assume la stessa funzione del rivelatore-salvatore degli gnostici cristiani. "Il mito cosmogonico rivelato a Hermes dal Pastore di uomini è uno sviluppo di temi di scuola platonica, proiettato su un dualismo più radicale di quello greco, e con l'assunzione di speculazioni sull'uomo primordiale che tradiscono elementi di origine giudaica"[18].

Un altro gruppo di gnostici era chiamato degli ofiti, per alcuni coincidenti con i naasseni, caratterizzati dall'esaltazione del serpente della Genesi, visto come mezzo attraverso il quale l'uomo era giunto alla «conoscenza».

Altri gnostici, chiamati sethiani, si ritenevano discendenti di Seth ed, in quanto tali, appartenenti ad una generazione pura e spirituale. "Molti gnostici ritenevano che la generazione di Seth fosse sostanzialmente opposta a quella di Caino (e di Abele suo fratello) poiché Eva, alla nascita del primogenito, esclamò: «Ecco ho acquistato un uomo da JHWH». Secondo loro, dunque, il padre dei due fratelli era JHWH stesso, o comunque un angelo-arconte malvagio invaghitosi di Eva"[19].

Una forma particolare di gnosi orientale fu quella di Bardesane, che rielaborando concezioni ermetiche, fece da ponte nel preparare il terreno al manicheismo[20].

 

4.6 Mandeismo

Della setta gnostica dei Mandei[21] non si conoscono bene le origini, che però sono più o meno contemporanee al cristianesimo; ma quello che è sorprendente è che si mantiene tuttora in vita, localizzata in Iraq nel basso Tigri e basso Eufrate e conta circa 7-10 mila fedeli. I testi fondamentali che conosciamo risalgono al VII-X secolo e non sono sistematici, anzi sono alquanto disomogenei ed eclettici.

Il tema di fondo è comunque sempre una purificazione da questo mondo fatta attraverso un battesimo ed un insegnamento sul modo di accedere alla luce. Riconoscono come profeta Giovanni Battista, ma mettono in guardia contro Gesù Cristo e Maometto. Con i musulmani entrarono spesso in conflitto e furono più volte perseguitati.

 

4.7 Manicheismo

Un'altra setta, da alcuni studiosi non ritenuta gnostica, che nasce nel III secolo ed arriva fino al Medioevo, è il manicheismo.[22] Esso riceve il nome dal suo fondatore Mani, che nasce nel 216 in una setta religiosa rigorosamente ascetica e a 12 anni riceve una prima rivelazione che è il punto di partenza di tutta la sua missione. Mani si considera il rivelatore supremo nel quale si manifesta la verità totale e dice: "Gli scritti, la sapienza, le rivelazioni, le parabole, i salmi di tutte le religioni anteriori sono confluite nella mia religione, nella sapienza che io ho rivelato" (Kephalaia, 154). La sua dottrina si caratterizza per un dualismo radicale tra i princípi del bene e del male che si fanno guerra. Il mondo è cattivo e l'uomo deve essere liberato dalla schiavitù della materia. La morale che ne consegue è quella di un distacco totale da tutto ciò che è materiale: cibi e bevande, potere e onori, ed anche la procreazione. Poiché non tutti potevano arrivare a tanto ascetismo, si costituiscono due classi: gli eletti, che praticavano tutte le prescrizioni, e gli uditori, che invece erano la gran massa del popolo, che aiutavano gli eletti con elemosine e partecipavano alle assemblee liturgiche cercando di osservare alcune pratiche[23].

"Dopo aver resistito più o meno clandestinamente alle persecuzioni, il manicheismo trasmise tra i secoli V e IX una parte dei suoi insegnamenti, sotto forme oscure e cangianti, ai pauliziani di Armenia; questi lo introdussero nel regno di Bulgaria, dove sorse in circostanze poco chiare il bogomilismo, che si estese attraverso il commercio nel secolo XI alla Bosnia, al Milanesato, alla Lombardia e alla Linguadoca. A partire dal 1017 si nota in molte parti dell'Europa occidentale, la presenza di eretici, qualificati indistintamente come manichei per differenziarli dai fedeli cattolici"[24]. Ma non tutti concordano sull'origine manichea dei movimenti pauliziani e bogomili e ritengono una semplificazione la loro accusa di manicheismo, mentre esistono forti indizi di relazioni tra questi due movimenti ed i catari.[25]

 

4.8 Catari e Albigesi

Il fenomeno cataro sorge nel XII secolo a seguito delle influenze delle idee dualiste provenienti dai Balcani. Le prime missioni bogomiliane si stabiliscono a Colonia nella metà del XII secolo e da lì si estendono in tutta la Francia dove ricevono il nome di Albigesi.[26]

Per i catari il primo peccato è la caduta degli angeli e tutti gli altri peccati sono concatenati fisicamente e necessariamente al primo. In questa vita l'unico peccato sta nella sottomissione al mondo e quindi l'unico imperativo morale è l'astensione da esso. "Come nello gnosticismo e manicheismo, anche tra i catari salvezza e perfezione si confondono; senza una vita perfetta di estremo rigore ascetico e di assoluta rinuncia al mondo non c'è moralità, poiché tutte le azioni fatte sotto il giogo del mondo sono avvelenate alla loro radice"[27]. C'erano due gruppi di adepti: i credenti e i perfetti. I primi vivevano una vita rilassata e immorale, sperando in una salvezza in articulo mortis per l'applicazione del consolamentum, invece i perfetti, dopo aver ricevuto il consolamentum, vivevano una vita ascetica dura, pellegrinante ed erano obbligati al celibato.

"Scomparso il movimento cataro, restarono le sue impronte nella trasformazione della fisionomia medievale d'Occidente e questo in tre direzioni. In primo luogo, con la sua pratica bancaria contribuì alla disintegrazione dell'etica economica cristiana nel senso disumanizzato e religiosamente neutro del capitalismo moderno. In secondo luogo fu la prima culla dell'indifferentismo religioso istituzionalizzato, a causa della sua spiritualità deista e fisicalista, introdotta nell'Occidente cristiano. In terzo luogo gettò il primo seme di naturalismo legalista che avrebbe fruttificato pienamente nell'Illuminismo"[28].

 

4.9 Gioacchino da Fiore

Una figura importante che si colloca nel Medioevo, ma che per alcuni critici moderni ha anticipato sia la modernità che lo spirito del postconcilio, è Gioacchino da Fiore.[29] Massimo Borghesi individua nella sua opera sia un nuovo metodo esegetico nell'interpretazione comparata dei fatti storici dell'Antico e del Nuovo Testamento, sia una rivoluzionaria periodizzazione delle epoche storiche.  Egli introduce un'età dello Spirito come stadio finale ed eterno della storia umana, ma all'interno del processo storico.[30] "Il tempo cristiano si scinde in due momenti: l'era dalla lettera e quella dello spirito, della Chiesa carnale e di quella spirituale, di Cristo e dello Spirito. La conseguenza è un'eclisse della presenza di Cristo, e, in parallelo, un «messianismo [...] dello Spirito» che assume necessariamente la figura di una prospettiva utopica e che trae il suo fascino e la sua suggestione proprio dal fatto che esso non si pone come rottura ma quale compimento, pléroma, del cristianesimo storico"[31].

Da questa concezione prende l'avvio l'attesa di una nuova età, che costituisce la forma mentis della modernità. "La stessa partizione storiografica, comunemente accettata, di storia antica, medievale, moderna assume, da questo punto di vista, un valore assiologico. Il moderno è il punto di non ritorno, il luogo della compiuta manifestazione della ragione. Tra i molti autori che, richiamandosi esplicitamente a Gioacchino, confermano questa posizione ricordiamo qui brevemente tre: Lessing, Schelling, Hegel"[32].

Voegelin vede in questa idea di tripartizione della storia e poi, più generalmente, di tre fasi di cui l'ultima costituisce il superamento definitivo delle precedenti, un'anticipazione di una vasta gamma di idee gnostiche. "Nel secolo XVIII fecero la loro comparsa le leggi delle tre fasi, rese celebri dal Turgot e dal Comte: la storia umana viene divisa in una prima fase teologica, in una seconda fase metafisica e in una terza fase della scienza positiva. In Hegel si incontra una divisione tripartita della storia umana secondo i livelli di libertà: l'antichità con il suo dispotismo orientale,  quando uno solo era libero; poi i tempi aristocratici, quando pochi erano liberi; e finalmente i tempi moderni, in cui tutti sono liberi. Marx ed Engels applicarono questo schema tripartito al loro problema del proletariato e parlarono di una prima fase di comunismo primitivo, di una seconda fase caratterizzata dalla società classica borghese e di una terza fase caratterizzata dalla società senza classi, quando si sarebbe realizzato il sogno comunista finale della libertà. A sua volta Schelling, nella sua speculazione sulla storia, distinse tre grandi fasi del cristianesimo: prima la petrina, seguita dalla paolina, che doveva poi essere chiusa dalla fase giovannea del perfetto cristianesimo.  Quelli qui indicati sono soltanto i casi principali, e li abbiamo ricordati per mostrare che la concezione di un Terzo Regno di perfezione, è, di fatto, un simbolo dominante nell'autocomprensione della società moderna e che, dopo tanti secoli di attesa di Terzi Regni finali, per noi non dovrebbero più essere motivo di particolare sorpresa gli sforzi compiuti per realizzarli mediante l'azione rivoluzionaria"[33].

Ma, tornando all'epoca di Gioacchino da Fiore, poco dopo la sua morte, alla metà del XIII secolo, all'interno dell'Ordine Francescano, si sviluppò una corrente di spiritualismo estremo che si rifaceva al suo pensiero. La nuova esegesi gioachimita della Scrittura, l'idea di una interpretazione spirituale del Vangelo, l'attesa di un avvento di una nuova era dello Spirito, nella quale gli "uomini spirituali" potevano essere superiori allo stesso "uomo Gesù" trovarono eco soprattutto nella corrente più rigida dell'Ordine, gli Spirituali.[34] Tali idee, talvolta tradite, adattate o interpretate arbitrariamente, diedero luogo anche a condanne da parte di sinodi e concili.

In questo stesso periodo, accanto ai catari e ai valdesi, fiorirono molti gruppi e sette che avevano in comune una tensione di rinnovamento spirituale, taluni attraverso la penitenza e l'ascesi, altri attraverso un disprezzo per il mondo che li faceva ritenere superiori anche alle leggi morali. Tra questi ultimi sono da notare soprattutto i Fratelli del libero Spirito che influenzarono anche gli ambienti delle Beghine e dei Begardi.[35] Nel secolo XIV ebbe grande influenza la corrente mistica del Maestro Eckhart che si prestava ad interpretazioni panteiste e quietiste.

 



[1] Cfr. G. Filoramo, L'attesa ..., cit., pagg. 228-234.

[2] A grandi linee possiamo dire che in molti sistemi gnostici l’origine del cosmo è spiegata come una serie di successive emissioni-generazioni, a partire da un Eone perfetto androgino, che genera un suo progetto affidandolo, come fosse un seme maschile, alla sua parte femminile (Ennoia). La parte femminile dell’ultimo eone, di nome Sophia, cercando di conoscere il Primo Principio, per lei inconoscibile, rompe l’equilibrio del Pleroma; la sua Passione, ipostatizzata, ne viene espulsa e da qui si origina un complesso processo di redenzione (Cfr. E. Lupieri, op. cit., pagg. 80-83).

[3] Ibid., pag. 235.

[4] Cfr. Giustino, Apologia, 26, 1-3, in Le Apologie, Città Nuova, Roma 2001, pagg. 50-51.

[5] Cfr. Ireneo, Adversus Haereses, I, 23, cit.., ivi, pagg. 99-101.

[6] Cfr. G. Filoramo, L'attesa ..., cit., pagg. 244-245.

[7] Cfr. ibid. pag. 246.

[8] Cfr. ibid. pag. 246-247.

[9] Cfr. Ireneo, Adversus Haereses, I, 24, cit.., pagg. 101-103.

[10] Cfr. Ippolito, Refutatio omnium haeresium, libro VII, cap. 13 in PG XVI/3, 3293-3320.

[11] Cfr. K. Rudolph, op. cit., pagg. 392-397.

[12] Cfr. G. Filoramo, L'attesa ..., cit., pagg. 249-250.

[13] Cfr. A. Von Harnack, Marcion..., cit.

[14] Cfr. I.P. Couliano, op. cit., pagg. 175-190.

[15] Cfr. G. Filoramo, L'attesa ..., cit., pagg. 251-255.

[16] Cfr. E. Lupieri, op. cit., pagg. 87-88.

[17] Cfr. ibid., pagg. 81-83.

[18] Ibid., pag. 79.

[19] Ibid., pag. 87.

[20] Cfr. K. Rudolph, op. cit., pag. 419.

[21] Cfr. K. Rudolph, op. cit., pagg. 438-455; A. Argemì Roca, voce Mandeismo, in Gran Enciclopedia Rialp, Vol. XIV, Madrid 1987, pagg. 857-858.

[22] Cfr. A. Cardin, voce Manicheismo, in Enciclopedia Filosofica, Vol. V, EDIPEM, Novara 1979, pag. 388; K. Rudolph, op. cit., pagg. 416-438.

[23] Un’ampia descrizione dei costumi dei manichei si trova in S. Agostino, De moribus manichaeorum in Opere di Sant’agostino, Polemica con i manichei, XIII/1, Città Nuova, Roma 1997.

[24] J.P. Savignac, voce Albigenses, in Gran Enciclopedia Rialp, Vol. I, Madrid 1987, pag. 487.

[25] Una trattazione sintetica della dottrina e delle fonti dei pauliziani e dei bogomili si trova in: I.P. Couliano, op. cit., pagg. 227-257.

[26] Cfr. K. Rudolph, op. cit., pag. 468; A. M. Erba – P. L. Guiducci, La Chiesa nella Storia, ELLEDICI, Torino 2003.

[27] L. Cencillo, La espiritualidad cátara, in B. Jiménez Duque, Historia de la espiritualidad, Vol. III, Barcelona 1969, pag. 544.

[28] Ibid., pag. 552.

[29] Per uno studio approfondito sul gioachimismo si veda: H. De Lubac, La posterità spirituale di Gioacchino da Fiore, I. Dagli Spirituali a Schelling, Jaca Book, Milano 1981; II. Da Saint-Simon ai nostri giorni, ivi 1984. Si può consultare anche il periodico annuale «Florensia. Bollettino del Centro Internazionale di Studi Gioachimiti», pubblicato dalle Edizioni Dedalo.

[30] Cfr. M. Borghesi, Gioacchino e i suoi figli, in «30 Giorni», Roma, marzo 1994, pagg. 42-46.

[31] Ibid., pag. 42.

[32] Ibid., pag. 43.

[33] E. Voegelin, Il mito ..., cit., pagg. 18-19.

[34] Cfr. H. De Lubac, La Posterità ..., I, cit., pagg. 81-84.

[35] Cfr. K. Bihlmeyer - H. Tuechle, Storia della Chiesa, 2, Morcelliana, Brescia 1983, pagg. 337- 342.