Capitolo 9
LA DISSOLUZIONE DELLA GNOSI MARXISTA

Come abbiamo anticipato nei capitoli precedenti, Del Noce ritiene che l’evoluzione dello storicismo marxista abbia portato al successo di una nuova forma di illuminismo caratterizzata da un ateismo peggiore e più radicale di quello precedente, che si compie in un regime totalitario, solo formalmente democratico[1].

Pensiamo che, secondo Del Noce, il modo di dissolversi del marxismo abbia seguito due strade parallele, delle quali la prima parte dal prevalere del materialismo storico sul materialismo dialettico e la seconda segue allo svolgimento contraddittorio del marxismo gramsciano. La prima è svolta soprattutto fino ai primi anni 70, mentre la seconda è prevalente nell’epoca successiva.

“Al pensiero rivoluzionario marxista sono altrettanto essenziali il materialismo storico e il materialismo dialettico. Senza materialismo storico non potrebbe esserci infatti quella critica delle filosofie opposte, quella loro riduzione a ideologie, che permette l’affermazione rivoluzionaria. Ma d’altra parte, il materialismo storico considerato per sé solo conclude in quella forma di totale relativismo, che è la premessa del sociologismo; di quella forma di pensiero che oggi è la giustificazione ideale della più areligiosa e insieme più conservatrice delle società che mai siano esistite, quella che è detta società opulenta, o dei consumi, o del benessere”[2].

Dalla parte laica e borghese, la società del benessere si presenta anche come una risposta al marxismo in quanto si appropria di tutte le sue negazioni rispetto ai valori trascendenti, affidando alla scienza ed alle leggi del libero mercato, anziché alla rivoluzione violenta, la conquista del benessere materiale. In tal modo il marxismo si rovescia in un assoluto individualismo, il che serve a conferire al regime l’apparenza di democrazia e di liberalismo[3].

 

9.1 L’evoluzione dello storicismo marxista

Lo svolgimento della prima forma di dissoluzione, ovvero quella del prevalere del materialismo storico sul materialismo dialettico, è ben sintetizzato da Del Noce nel seguente passo:

“Nel marxismo il passaggio pratico a una rivoluzione totale, implicante una somma enorme di sacrifici e di rischi, importa l’idea di un assoluto; per dare giustificazione piena all’azione rivoluzionaria è necessaria una «formula ideale». Questa formula non può esser altro che il materialismo dialettico; il materialismo è necessario per dissacrare le forme precedenti e per mostrare la relatività storica; il termine di dialettica è parimenti necessario per mostrare la necessità storica del rovesciamento. Ma tra il momento della negazione di ogni principio eterno e la ricerca pratica dell’assoluto c’è un’evidente contraddizione. Quindi il passaggio dal marxismo a un radicale positivismo che in riferimento alle discipline concernenti l’uomo si manifesta come sociologismo o come relativismo assoluto, si presenta insieme come estremamente facile e come inconfutabile. La critica marxista delle ideologie non si fonda forse sul principio che tutto ciò che sorpassa la verifica immediata, tutto ciò che insomma è metafisico, si spiega come espressione della situazione storico-sociale di un gruppo, dunque col sensibile, quando al sensibile sia data la massima estensione tale da comprendere lo stesso mondo umano? Non professa il marxismo la concezione espressivistica e strumentalistica del pensiero, cioè l’esatto inverso di ogni forma del pensiero metafisico? E come sostenere allora una concezione ancora così pervasa di metafisica come il materialismo dialettico? Si può perciò pensare che la vera conclusione teorica del marxismo dovrebbe essere l’abolizione della filosofia, nel senso che sarebbero oggi maturate le condizioni per estendere il discorso scientifico dal mondo naturale alla realtà storica. Il sociologismo, come critica della filosofia in nome della sociologia, stabilirebbe la condizione della vera scienza storica in quanto attraverso la spiegazione dal basso delle origini delle idee, che in fondo sarebbe una estensione tale del materialismo storico da abolire il suo passaggio al materialismo dialettico, libererebbe la storia da ogni traccia di filosofia della storia, e porrebbe con ciò le condizioni di una storia che sia veramente tale come scienza”[4].

Il passaggio dal marxismo al positivismo si risolve dunque in un ritorno allo scientismo, che ha la pretesa di dominare interamente la natura, e quindi vorrebbe interpretare in modo deterministico qualsiasi realtà umana; una conseguenza di tale intento è quella di forzare i fenomeni all'interno del modello di spiegazione, attuando quello che i critici chiamano giustamente riduzionismo: se è pur vero che le spiegazioni scientifiche ora danno ragione delle cause di molti fenomeni che una volta venivano considerati «misteriosi», è altrettanto vero che ci sono fenomeni non riducibili ad una verificabilità empirica: la libertà umana è uno di questi.

Quando si tiene conto correttamente della libertà umana, diventa molto più difficile inquadrare scientificamente i fenomeni legati al comportamento umano; il riduzionismo consiste allora nel voler imporre modelli o spiegazioni pseudoscientifiche, forzando i fatti. Talvolta esso si appella per principio ad una razionalità che diventa determinista,  talaltra invece si pone come un'arbitraria ipotesi di lavoro che ritiene di conoscere  le «vere cause» delle azioni umane.

Poiché l'uomo ha sempre manifestato interesse per la problematica religiosa, anche il razionalismo e lo scientismo non potevano esimersi dal darne un'interpretazione ed è nei confronti della religiosità che il riduzionismo viene applicato con più determinazione. Da una parte, si vuole razionalizzare la religione, svuotandola di tutti i contenuti soprannaturali che richiederebbero un atto di fede, dall'altra, si tende a relegarla  ad un fatto privato ed intimo, di coscienza, tale che non possa avere manifestazioni esteriori.[5]

Con queste premesse diventa evidente il motivo per cui l'unica religiosità compatibile con il razionalismo e lo scientismo sia di tipo gnostico e, viceversa, si capisce come il razionalismo e lo scientismo diventino una nuova forma di più alta religiosità: essi, accusando di menzogna e di superstizione la religione tradizionale, si pongono come l'unica conoscenza vera e salvifica.

In alcuni paragrafi successivi torneremo sull’argomento con alcune esemplificazioni del riduzionismo scientista.

 

9.2 L’esito del pensiero gramsciano: il suicidio della rivoluzione

Il secondo modo di dissolversi del marxismo è quello legato all’evoluzione del pensiero gramsciano ed alla preminenza data da Gramsci al carattere culturale e morale della sua rivoluzione.

Come abbiamo anticipato in parte in un paragrafo precedente, Gramsci considera la lotta di classe come lotta tra due concezioni di vita, quella immanentistica, moderna e progressiva contro quella trascendentalista, antica e conservatrice. Poiché anche la borghesia (o almeno la parte progressiva di essa) è coinvolta nella lotta della modernità contro la tradizione, abbiamo che il marxismo di Gramsci “attraverso la versione rivoluzionaria dello storicismo si risolve in una sua ricomprensione illuministica[6].

Detto in altri termini ed in accordo anche con autori marxisti ortodossi, Del Noce ritiene che “il comunismo gramsciano risolve la rivoluzione in modernizzazione, ma che questa modernizzazione è da intendere come dissociazione completa di spirito borghese da cristianesimo”[7].

Del Noce ricorda come lo stesso Bordiga[8] ritenga che l’errore fondamentale di Gramsci sia stato quello di aver sostituito all’opposizione capitalismo-proletariato quella fascismo-antifascismo, creando il mito del fascismo come male in sé ed elevandolo a categoria metastorica[9].

Questo errore avrebbe quindi portato ad ulteriori passi conseguenti come l’alleanza con la borghesia progressista contro quella arretrata (sola responsabile del fascismo) ed il giudizio positivo sul «progresso», lo «sviluppo», la «liberazione dal feudalesimo» e quindi anche sul capitalismo come fase che libera dall’«arretratezza»[10].

“La transizione gramsciana si trova così completamente assorbita nel passaggio dalla vecchia alla nuova forma di capitalismo; confluisce con ciò nel conservatorismo presente caratterizzato dall’eliminazione della possibilità che la mentalità strumentalistica [scientista] venga rimessa in discussione”[11].

Dal modo di intendere il progresso e dal dissolvimento della filosofia in ideologia, poiché tutto è visto in termini di strumento d’azione per il potere, segue anche la dissoluzione di qualsiasi fede e quindi anche della stessa fede rivoluzionaria.

“Nonostante la perfetta lealtà intellettuale del suo autore, il gramscismo si rivela come una sorta di equivoca composizione di negativismo estremo e di conservatorismo; come versione rivoluzionaria dello storicismo comporta la negazione più radicale di ogni traccia di valori assoluti, permanenti, metastorici; quel che però non nega è la continuità «moderna» con la borghesia. L’esito del gramscismo e dell’eurocomunismo non può essere che quello di trasformare il comunismo in una componente della società borghese ormai completamente sconsacrata, o di agire per la sua definitiva dissacrazione corrispondente a quella che è l’intenzione profonda dello spirito borghese”[12].

I due processi di dissoluzione del marxismo individuati da Del Noce devono essere completati però con altri due tentativi di riforma del marxismo, considerati non ortodossi, ed anzi talvolta messisi in aperto contrasto con i partiti comunisti nazionali: la rivoluzione sessuale di Reich ed il surrealismo. In entrambi i casi si tratta infatti di movimenti culturali provenienti dalla stessa origine.

 

9.3 La rivoluzione sessuale di Reich

L’utopia di Reich, di cui ci siamo occupati anche nel capitolo precedente[13], consiste nel ritenere che eliminando la repressione e lasciando il campo libero alla piena soddisfazione delle passioni, l’aggressività scomparirebbe.

Reich pensa che l’inibizione modifichi strutturalmente l’uomo e che il fascista incarni tutti i caratteri del tipo repressivo, ma il successo dei movimenti fascisti, nei quali proprio le masse impoverite avrebbero contribuito alla conquista del potere, richiederebbe una revisione del materialismo storico, tenendo conto del fattore soggettivo della storia[14].

“[Analisi] che Marx non poteva compiere perché ai suoi tempi non esisteva ancora la psicologia scientifica; questo completamento viene ora offerto dalla sessuoeconomia”[15].

Grazie quindi ad un meccanismo sociale, quello di dare sempre piena soddisfazione ai propri istinti sessuali, si garantirebbe la virtù della pace e della concordia senza alcun sacrificio; quindi l’ottenimento del benessere senza morale[16].

“Il Reich […] appartiene a quello che negli anni tra il ’20 e il ’30 si autodefinì come movimento di liberazione europea, sorto in dipendenza della rivoluzione russa; ma alle categorie della borghesia e del proletariato, sostituì quelle degli assertori della morale repressiva (l’uso della parola repressione, nel complessivo significato che ora le si annette, ha in lui le sue origini) e degli assertori della libertà sessuale; solo questa sostituzione, e il conseguimento della felicità sessuale avrebbero portato alla scomparsa dello spirito autoritario e a un internazionalismo senza compromessi”[17].

Del Noce espone a chiare lettere quali siano le conseguenze che comporta, sul piano etico, l’assunzione dell’impostazione di Reich:

“Una ragazza cha a diciott’anni sia ancora vergine deve essere condannata alla vergogna […] La nudità totale deve essere incondizionatamente accettata e favorita; la pubblicità degli accoppiamenti sessuali deve essere permessa. Non si ha diritto di proibire al proprio partner altre relazioni sessuali durevoli: principio che oggi vien detto «piena libertà di scambio fra coppie di coniugi» e «libertà totale per le esperienze sessuali di gruppo». Nulla permette di criticare le unioni omosessuali. L’educazione sessuale deve essere intesa come rimozione di tutti quei complessi atavici che portano a vedere nell’astinenza un valore, ecc.”[18].

Del Noce sottolinea come Reich non sia un propagandista del libero amore come tesi isolata, ma come colga tutte le implicazioni che le tesi della libertà sessuale  comportano nel campo metafisico e religioso: rifiuto di un ordine oggettivo di valori trascendenti e cambio di prospettiva della rivoluzione totale; la rivoluzione non è più attesa in un futuro, ma si realizza nel puro presente: da ciò il legame necessario tra l’erotismo ed i «paradisi artificiali» della droga, in quanto in entrambi i casi la ricerca della soddisfazione immediata è posta al di sopra di tutto[19].

In ogni caso, Del Noce constata come, nonostante l’avversione ufficiale anche dei comunisti ortodossi, le idee di Reich hanno trionfato non solo nel costume, ma anche in una larghissima parte dell’opinione pubblica occidentale ed anche oggi quella che si chiama sinistra si batte sempre più in termini di lotta contro la repressione piuttosto che in termini di lotta di classe[20].

Ma il trionfo pratico del pensiero di Reich mostra come il tentativo di continuare e riformare il marxismo freudianamente si risolva nella dissoluzione, oltre che del marxismo, dello stesso moralismo laico propugnato dal primo illuminismo, il quale pensava di poter mantenere i precetti morali sganciati dalla metafisica e dal cristianesimo, non rendendosi conto del fatto che questi ultimi erano il fondamento dell’agire morale e non una semplice aggiunta strumentale[21].

 

9.4 Il surrealismo

Del Noce considera che, parallelamente al pensiero di Reich, il surrealismo costituì la coscienza filosofica di un movimento di avanguardia letteraria ed artistica che fu tra i più avversi al pensiero cristiano.

Il surrealismo nacque nel 1924 con la pubblicazione da parte di André Breton del primo Manifeste du surréalisme. Attorno a lui si era formato un gruppo di scrittori ed artisti tra i quali Eluard, Benjamin Péret, René Crevel, Vitrac, Desnos, Ernst, Miro, Masson, Michel Leiris, Queneau, Antonin Artaud ed altri[22]. Verso la fine degli anni ’20 molti di essi entrarono nel partito comunista.

“Dalla prima adesione al comunismo che porta, nel ’30 a mutare il titolo della rivista La Révolution surréaliste in quello di Le surréalisme au service de la révolution, si passa al dissenso con lo stalinismo e alla ricerca dell’accordo con Trotzcki; per concludere poi nel ’47 a una separazione conseguente alla presa di coscienza del diverso carattere delle due posizioni rivoluzionarie”[23].

Il surrealismo non fu un fenomeno meramente artistico, bensì “un atteggiamento totale di vita, diretto a rappresentare la pienezza dell’idea rivoluzionaria, nel suo aspetto primo, per cui vuol essere frattura radicale col passato e cominciamento di una nuova storia”[24].

“Sotto questo riguardo il programma del surrealismo e quello del marxismo coincidono. La divergenza si stabilisce su questo punto, che mentre per il marxismo il cangiamento dell’uomo sarà il riflesso della rivoluzione sociale e politica, per il surrealismo si tratta invece anzitutto di «rifare l’intelletto umano», in conseguenza del qual cangiamento si avrà, al fine, la società degli uomini liberi. La storia del surrealismo, sotto il riguardo etico-politico, è storia di questa affinità e di questa divergenza”[25].

La storia del gruppo surrealista è ricca di esclusioni, scissioni e separazioni, mantenendo sempre Breton un ruolo di preminenza. Nel 1947 sembrò avvenire anche la definitiva scissione dal comunismo: infatti i surrealisti accusarono i marxisti ortodossi di consentire «pratiche regressive» per finalità meramente tattiche di conquista o mantenimento del potere. Nel loro manifesto di Rottura Inaugurale si legge: «Il termine finale dell’evoluzione storica, quello che segnerà la fine delle infelicità dello spirito, infine vittorioso sul suo passato, giustifica da solo gli atti degli uomini. Questo termine può giustificare solo dei mezzi che non compromettano l’evoluzione della legge morale, ed è proprio perché non crediamo nella fissità di questa legge – altrettanto assurda che la fissità della storia – che non accettiamo di lasciarci costringere a pratiche regressive, di cui la collaborazione politica col nemico di classe non è che l’aspetto generale, dietro il pretesto di preparare la rivoluzione proletaria. In altri termini, accetteremo sempre di trasgredire la legge morale attuale, ma solo in direzione del progresso»[26].

La proposta comunista era considerata inadeguata se non completata con Sade e con Freud, in accordo anche con la rivoluzione sessuale di Reich, e su questa nuova morale si doveva essere intransigenti. Da parte loro i comunisti ritenevano che la proposta surrealista manifestasse la sua natura borghese decadente, comportando l’accettazione del mondo sociale esistente. Molti pensarono che queste critiche reciproche rappresentassero un passaggio del surrealismo  all’anticomunismo, ma Del Noce ritiene che non sia stato così:

“Si può dire che oggettivamente questa separazione aveva di fatto il risultato di stabilire le condizioni di una collaborazione possibile per quel che riguarda l’azione comunista nel mondo occidentale attraverso la divisione dei compiti. L’avanguardia avrebbe agito sui «costumi» e scardinato nella coscienza dei borghesi quei principi su cui si era costituita la famosa «diga» (così si diceva allora; oggi si tende a dimenticare persino il termine) contro il comunismo. Il comunismo avrebbe seguito la sua via di ricerca di potere, liberato dal problema arduo di pronunciarsi nei riguardi della morale tradizionale. Non è però questo il punto essenziale. Ciò che importa è sottolineare come partito da Sade, il surrealismo (e l’avanguardia in genere) ritrovasse, per un processo autonomo, l’idea di Reich sulla necessità di completare il marxismo con la nuova morale sessuale, al fine del successo della rivoluzione totale; e si riservasse come proprio compito quest’azione sui costumi attraverso l’arte”[27].

Evidentemente, il fenomeno del surrealismo è molto complesso ed è probabile che pochi surrealisti abbiano avuto coscienza di realizzare questa divisione di compiti ipotizzata da Del Noce. Pensiamo tuttavia che questa si sia data nei fatti e che per questo non sia errato affermare che la liberazione totale surrealista e la rivoluzione sessuale abbiano entrambe favorito il trionfo della società borghese allo stato puro.

 

9.5 Le negazioni del marxismo

La dissoluzione del marxismo non comporta però la sconfitta di tutte le sue tesi; anzi, la società tecnologica conserva tutte le riduzioni o negazioni operate dal marxismo nei riguardi dell’uomo, della metafisica e della religione[28]. Possiamo ripercorrerle brevemente anche se vi abbiamo già fatto riferimento nei capitoli precedenti.

La prima  negazione, che si riferisce alla prima delle tesi su Feuerbach[29], consiste nella riduzione del pensiero a pura attività materiale, criticando la scissione tra oggetti sensibili ed attività intellettuale contemplativa; per Marx, viceversa, si deve considerare l’azione del soggetto come attività pratico-critica.

“Alla tesi per cui la conoscenza è limitata al mondo sensibile consegue l’affermazione che l’unica realtà che conta per l’uomo è la realtà materiale; e poiché la materia è principio di molteplicità e di divisione, ne conseguirà per l’uomo come atteggiamento pratico un individualismo che vorrà dire negazione di ogni principio superiore all’individualità. All’autorità dei valori si contrapporrà la loro «creazione», ma poiché riferito all’uomo il termine di creazione non ha significato, questa formula prenderà senso dalla negazione e distruzione radicale della tradizione”[30].

La seconda negazione è legata alla seconda tesi su Feuerbach[31] nella quale Marx riduce il problema della verità ad un problema pratico. In tal modo Marx è portato a cercare nella verifica storica della sua teoria l’unica prova accettabile per il confronto con gli altri filosofi.

Questa riduzione del problema della verità da teorico a pratico, non viene intesa semplicemente come ricerca di una verifica sperimentale della teoria nella realtà, bensì è capovolta nel machiavellico fine che giustifica i mezzi; la bontà non è un valore in sé, ma è sostituita dal successo; la libertà perde significato, perché ciò che conta è il risultato ottenuto dall’azione. Il passo verso il relativismo assoluto è quindi breve.

La sesta tesi su Feuerbach[32] produce la terza negazione marxista: la negazione dell’essenza, cui segue la negazione della dignità della persona. La scomparsa del problema della verità, della bontà e di qualsiasi ideale o valore soprasensibile porta necessariamente alla degradazione delle relazioni sociali a ricerca del soddisfacimento dei propri bisogni sensibili con la riduzione di tutto a mero oggetto di scambio[33].

“Il principio di valutazione è lo stesso sia sul mercato delle personalità che sul mercato delle merci; sull’uno, a essere offerta in vendita sono personalità, sull’altro, merci. Abbiamo con ciò il massimo della reificazione, l’universalizzazione della riduzione a oggetto. Se infatti la preoccupazione dell’individuo è centrata sul massimo della desiderabilità, ne viene la sua rinuncia all’io; neppure, infatti, si può parlare di un io che sia immutabile, perché invece deve essere continuamente mutato in base al principio di desiderabilità. L’universalizzazione della reificazione coincide chiaramente con la massima negazione dell’etica, con l’elevazione ad assoluto della dimensione economicistica; l’unico valore diventa, in questa prospettiva, l’efficienza. Ma ciò non basta; la totale reificazione a cui porta il carattere mercantile coincide con l’avidità di possesso degli oggetti (e degli altri ridotti a oggetto), portato al limite estremo; dunque con l’assoluto dominio della violenza”[34].

Per Del Noce, la società tecnologica è una realtà essenzialmente irreligiosa che accoglie in sé anche l’ateismo positivo marxista, cioè la negazione di Dio e della religione che segue alla quarta tesi su Feuerbach[35], di cui abbiamo già parlato nel capitolo precedente. Marx pensava ad una trasformazione totale, economica e storica, del mondo che avrebbe permesso di raggiungere un ateismo definitivo e non problematico: sarebbe cioè scomparso lo stesso problema di Dio. Nella società tecnologica secolarizzata questa scomparsa del problema di Dio è posta ugualmente come questione pratica, inesistente o irrilevante sul piano teorico. Si ottiene l’”oltrepassamento dell’ateismo che è insieme la sua realizzazione”[36].

Nell’attitudine razionalista, nella quale si muoveva il marxismo e che quindi eredita anche la società tecnologica, si ha “la semplice assunzione della condizione attuale dell’uomo come sua condizione normale[37] e con essa la negazione, non solo del peccato originale, ma del concetto stesso di peccato personale: il male si presenta come una situazione sociale e non personale. Del Noce inoltre sottolinea come in Marx non si parli più neppure di alienazione.

“Il termine alienazione fa pensare a una natura o a una «libertà» dell’uomo individuo, degna di rispetto, e la cui dignità si trova violata in una determinata società. Fa pensare, insomma, a una considerazione «morale», che Marx vuole assolutamente eliminare”[38].

Il cammino verso la società nella quale è abolito il male, che per il marxismo passava attraverso una rivoluzione violenta, per la società opulenta non passa più per una rivoluzione totale (che è l’aspetto mistico o religioso del marxismo), ma si affida al progresso della tecnica.

L’ultima negazione pronunciata dal marxismo è quella del valore della morale; questa negazione segue evidentemente alle negazioni della verità, della persona, di Dio e del peccato; anzi il male sarebbe proprio conseguenza della morale repressiva.

Come abbiamo già visto, questo, per Del Noce, significa però l’impossibilità di recuperare filosoficamente il pensiero marxista, nonostante che molti uomini semplici abbiano visto in esso un’aspirazione verso un mondo più giusto e più equo. D’altra parte, la società tecnologica opulenta rifiuta proprio queste aspirazioni, giudicandole un residuo di illusioni pseudoreligiose.

Al termine del percorso dal marxismo allo scientismo permissivo, penso che possiamo darci ragione del significato di secolarizzazione della gnosi che Del Noce attribuiva a questo processo e della sua logica interna.

“La sottolineatura, alle origini del pensiero che normalmente vien detto laico, della scelta non razionale e dell’opzione per la politica e per la potenza, può anche render conto della parziale verità del marxismo; il materialismo storico è valido, ma proprio soltanto nella spiegazione delle forme del pensiero laico e della loro successione”[39].

 

 



[1] Cfr. A. Del Noce, L’epoca…, cit., pag. 51.

[2] Ibid., pag. 52.

[3] Cfr. ibid., pag. 91.

[4] Ibid., pag. 92.

[5] Samek Lodovici ritiene che queste due forme di riduzionismo in realtà si equivalgono: il "secondo tipo di interpretazione del fatto religioso è perfettamente parallelo all'altro e finisce per innescare, seppure in tempi più lunghi, un medesimo giudizio di totale storicità del soprasensibile. In questa linea, infatti, si comincia a dire che la religione non deve essere antropomorfica, che non deve pensare Dio all'interno delle categorie impastate di terra della dottrina sacramentale o all'interno di un linguaggio mitico [...]; abbandona alla spiegazione storicistica l'idea di Chiesa, di culto, di dogma, di sacerdozio [...]; la sfera della religione spirituale è talmente chiusa dalle pareti dell'io da diventare incomunicabile, mentre rimane il resto che non è altro che mondo e mondo storico" (E. Samek Lodovici, Metamorfosi…, cit., pagg. 23-24).

[6] A. Del Noce, Il suicidio…, cit., pag. 317.

[7] Ibid., pag. 321.

[8] Amedeo Bordiga (1889-1970), capo storico della Sinistra Socialista e della frazione comunista, fondatore nel 1918 del Soviet di Napoli, organo del PSI. Propugnatore e relatore della Scissione di Livorno con la successiva fondazione del Partito Comunista d'Italia (P.C.d'I.). Dal 1944 al 1970 partecipò all'attività del Partito Comunista Internazionalista, diventato a partire dal 1964 Partito comunista internazionale.

[9] Cfr. ibid., pag. 322. Del Noce si riferisce a Una intervista ad Amedeo Bordiga, in «Storia contemporanea», settembre 1973, pag. 582.

[10] Cfr. ibid., pagg. 322-323.

[11] Ibid., pag. 325.

[12] Ibid., pag. 333-334.

[13] Confronta in proposito la seconda parte del paragrafo 7.2 sulla dissoluzione della famiglia.

[14] Cfr. A. Del Noce, Alle radici della crisi, in AA. VV., La crisi della società permissiva, Edizioni Ares, Milano 1972, pagg. 110-142.

[15] Ibid., pag. 130.

[16] Cfr. ibid., pag. 112.

[17]A. Del Noce, L’erotismo alla conquista della società, in AA. VV., Via libera alla pornografia?, Vallecchi, Firenze 1970, pag. 14.

[18] Ibid., pagg. 16-18.

[19] Cfr. ibid., pagg. 18-20.

[20] Cfr. ibid., pag. 22.

[21] Cfr. A. Del Noce, Alle radici della crisi, cit., pagg. 130.

[22] Cfr. F. Livi, Il miraggio della liberazione totale. Cinquant’anni di surrealismo, in «Studi Cattolici», 164 (1974), pagg. 604-609.

[23] A. Del Noce, L’erotismo…, cit., pagg. 27-28. Del Noce, in una conferenza tenuta alla Fondazione Cini l’8 settembre 1964, poi pubblicata nella «Rivista di Estetica», aveva già studiato gli aspetti filosofici del surrealismo. Cfr. A. Del Noce, Interpretazione filosofica del surrealismo, in «Rivista di Estetica», X, 1 (1965), Università di Torino, pagg. 22-54. In questo primo studio evidenziava particolarmente gli aspetti ateistici, rivoluzionari ed antiborghesi del movimento che, in concorrenza col marxismo, finivano però ugualmente, per un’eterogenesi dei fini, col favorire il successo di una borghesia pura.

[24] A. Del Noce, L’erotismo…, cit., pag. 27. “Il surrealismo insorge contro tutti i valori stabiliti o accettati con apparente passività […] Delle due connotazioni fondamentali del surrealismo (una matrice in un certo senso gnostica ed una forte tendenza extraletteraria se non addirittura antiletteraria) la seconda presentava un’ambiguità che adombra perfettamente il dramma dell’artista moderno che predica la rivoluzione. Se il suo intento è veramente rivoluzionario, non tarda ad accorgersi che la parola poetica o artistica è «politicamente» assai meno efficace dell’azione. Di qui il fascino dell’adesione incondizionata ad un partito rivoluzionario, adesione che al tempo stesso equivale a rinnegare la propria concezione dell’arte, relegata a mero strumento di espressione e di esemplificazione di un’ideologia” (F. LIVI, Il miraggio…, cit. pagg. 605-606).

[25] A. Del Noce, L’erotismo…, cit., pag. 27.

[26] Cfr. A. Breton - I.L. Bédouin, Storia del surrealismo dal 1945 ai nostri giorni, Schwarz, Milano 1960, pagg. 255-263.

[27] A. Del Noce, L’erotismo…, cit., pagg. 31-32.

[28] Cfr. O. Maduell Creus, La crítica de la sociedad opulenta en Augusto Del Noce, Thesis ad Doctoratum in Philosophia, Pontificia Università della Santa Croce, Roma 2000, pagg. 56-83.

[29] Le diverse tesi su Feuerbach, citate anche più avanti, sono prese dalla traduzione it. di P. Togliatti, in appendice (pagg. 81-86) al volume: F. Engels, Ludwig Feuerbach e il punto d’approdo della filosofia classica tedesca, Editori Riuniti, Roma 1969. Prima tesi: «Il difetto capitale d’ogni materialismo fino ad oggi (compreso quello di Feuerbach) è che l’oggetto, la realtà, la sensibilità, vengono concepiti solo sotto la forma dell’obietto o dell’intuizione; ma non come attività umana sensibile, prassi; non soggettivamente. Di conseguenza il lato attivo fu sviluppato astrattamente, in opposizione al materialismo, dall’idealismo – che naturalmente non conosce la reale, sensibile attività in quanto tale – […]».

[30] A. Del Noce, L’epoca…, cit., pag. 86.

[31] Seconda tesi: «La questione se al pensiero umano spetti una verità oggettiva, non è questione teoretica bensì una questione pratica: Nella prassi l’uomo deve provare la verità, cioè la realtà e il potere, il carattere immanente del suo pensiero. La disputa sulla realtà o non-realtà del pensiero – isolato dalla prassi – è una questione meramente scolastica».

[32] Sesta tesi: «Feuerbach risolve l’essenza religiosa nell’essenza umana. Ma l’essenza umana non è qualcosa di astratto che sia immanente all’individuo singolo. Nella sua realtà essa è l’insieme dei rapporti sociali […]».

[33] Cfr. A. Del Noce, L’epoca…, cit., pagg. 86-87.

[34] A. Del Noce, Violenza…, cit., pag. 213.

[35] Quarta tesi: «Feuerbach prende le mosse dal fatto dell’auto-estraniazione religiosa, della duplicazione del mondo in un mondo religioso e in uno mondano. Il suo lavoro consiste nel risolvere il mondo religioso nel suo fondamento mondano. Ma [il fatto] che il fondamento mondano si distacchi da se stesso e si costruisca nelle nuvole come un regno fisso ed indipendente, è da spiegarsi soltanto con l’auto-dissociazione e con l’auto-contraddittorietà di questo fondamento mondano. Questo fondamento deve essere perciò in se stesso tanto compreso nella sua contraddizione, quanto rivoluzionato praticamente. Pertanto. dopo che, per esempio, la famiglia terrena è stata scoperta come il segreto della sacra famiglia, è proprio la prima a dover essere dissolta teoricamente e praticamente».

[36] A. Del Noce, Il problema…, cit., pag. 560.

[37] Ibid., pag. 289.

[38] A. Del Noce, I caratteri…, cit., pag. 31.

[39] A. Del Noce, Eric Voegelin…, cit., pag. 34.